The Batman di Matt Reeves – La recensione del film

the batman copertina

Il rinnovamento è una bugia!
È quanto mai curioso che questa espressione sia così determinante in un film che viene presentato come reboot, diretto da un regista che, dopo i primi due lavori, si è dedicato esclusivamente alla pratica del “rifacimento” nelle sue varie declinazioni. Blood Story è un remake di Lasciami entrare di Tomas Alfredson o, se si preferisce, un nuovo adattamento del romanzo di John Ajvide Lindqvist che ha il titolo dell’originale svedese; Apes RevolutionThe War sono il secondo e terzo capitolo del “rinnovato” franchise di Il pianeta delle scimmie. Aggiungiamo che il Matt Reeves sceneggiatore scrisse anche, nel 1995, il sequel di Trappola in alto mare (Trappola sulle montagne rocciose di Geoff Murphy) e l’apparente chiasmo insito nella frase collocata in esergo è bello che servito.

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I 10 migliori film del 2021

i 10 migliori film del 2021

Un anno anomalo, il 2021. Ancor più del 2020, perché diviso in due tronconi: la prima parte con gli strascichi delle visioni domestiche e su piattaforma e la seconda col ritorno al cinema tra nuovi film e approdi in sala di pellicole postergate. Un anno in cui la polarizzazione tra opposte fazioni si è fatta ancor più esacerbata. Anche sul cinema. Il 2021 è stato un anno di poche opere dal consenso unanime e di molte che hanno spaccato in due le platee, sia quelle degli spettatori che quelle dei critici. Lungi dal voler scendere in questo feroce agone, noi cerchiamo, come sempre, di analizzare i motivi per i quali ci sembra che in questa playlist (parziale come lo sono tutte) confluiscano le visioni più interessanti dell’anno che sta per scadere. 

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È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino – La recensione

E' stata la mano di dio - paolo sorrentino - recensione

C’è qualcosa di più intimamente felliniano nell’ultimo film di Paolo Sorrentino, che va ben al di là della superficie cui ci ha abituato. La citazione forse meno esplicita è quella finale, quando Fabietto lascia Napoli per andare a Roma in treno come Moraldo (Franco Interlenghi) faceva in I vitelloni. E mentre lì il protagonista vedeva i suoi amici dal finestrino nelle loro stanze, con una invenzione linguistica bellissima, qui Fabietto li passa in rassegna alla stessa altezza (Marittiello) o dal basso verso l’alto (la baronessa, zia Patrizia che lo guardano da una finestra). Entrambi, però, guardano e la partenza verso Roma, verso il cinema, nasce proprio come esigenza di sublimazione di quello sguardo perenne.

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Freaks Out di Gabriele Mainetti – La recensione

freaks out 2001 recensione del film

C’è in rete un video essay di kogonada, What is neorealism?, in cui l’autore, confrontando la versione italiana di Stazione Termini di Vittorio De Sica con quella montata a Hollywood da David O. Selznick, sottolinea quali siano le caratteristiche più evidenti di uno stile, prima che fenomeno, di così largo successo in tutto il mondo. Excessive, Distraction, Unnecessary Diversion sono le peculiarità che kogonada riconosce al neorealismo: la digressione, la dilatazione del racconto, la tendenza a eccedere. Leggendo le recensioni di Freaks Out si nota la stigmatizzazione, in quelle negative come in quelle positive, proprio di questi aspetti. Si ascrive a Mainetti l’eccesso (di stile e di racconto, ma anche di durata), la tendenza a debordare. In una delle prime scene, quella del rastrellamento cui assistono i protagonisti poco dopo essere stati abbandonati (?) da Israel, abbiamo la possibilità di vedere proprio uno di quegli episodi marginali cui allude kogonada, episodi che non fanno progredire la narrazione (fattore inaccettabile per la fabbrica dei sogni), ma definiscono un contesto, un ambiente, un’atmosfera: una giovane non ebrea finge di essere lei la madre di un neonato mentre la donna (la madre legittima) che lo ha in braccio, e che sta per essere deportata, viene fatta passare per la nutrice, la tata. Così salva il bambino da morte certa, incassando il commosso ringraziamento della sventurata.

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I 10 migliori film del 2020

I migliori film del 2020, un anno difficile. Ma facile, forse, per chi ha l’abitudine di stilare questi elenchi a fine anno. Non che gli altri anni, nonostante il maggior numero di film distribuiti, ne presentassero tanti da meritare l’inserimento in queste classifiche/non classifiche (questa di Pigrecoemme, ricordiamolo, non lo è), ma sicuramente la visione domestica, forse, ha ridimensionato alcuni titoli che in sala avrebbero colpito di più e ridotto l’elenco a opere potenti in modo transmediale. Buona lettura.

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Blaxploitation 2 – Lost Pieces

Blaxploitation-2-cover

Sono trascorsi 5 anni dalla prima playlist sulla blaxploitation (probabilmente in rete una tra le cose più complete in italiano sull’argomento) e i tempi sembravano maturi per un’appendice. Nel frattempo Moonlight ha vinto un Oscar come miglior film, come Spike Lee per la sceneggiatura di BlackKklansman (nella quale non manca di stigmatizzare proprio il filone/genere di cui parliamo) e Jordan Peele per quella di Scappa – Get Out. Ma non c’è ruffianeria nella scelta di redigere il primo sequel della storia (breve) del blog di Pigrecoemme, né maldestro tentativo di accodarsi al Black Lives Matter. Chi scrive è stato molto critico sia nei confronti di Moonlight sia di Black Panther. Anzi, proprio quest’ultimo ha suffragato l’idea che dalla blaxploitation non si sia mai venuti fuori solo che ora la si fa coi soldi della Disney. Perché è di quello che si tratta, se anche Anthony Mackie (che nel MCU interpreta Falcon) ha dichiarato: “Mi dà fastidio aver interpretato sette film Marvel in cui ogni produttore, ogni regista, ogni stuntman, ogni costumista, ogni singola persona sul set era bianca. Ma poi hanno fatto Black Panther con un regista nero, un produttore nero, una costumista nera, un coreografo degli stunt nero. Questo fatto è più razzista di ogni altra cosa perché trasmetti l’idea che puoi ingaggiare persone nere solo per un film su neri. Stai dicendo che non sono abbastanza bravi quando hai un cast per lo più bianco?”. La blaxploitation di cui parliamo noi è quella classica, quella seventies, e ci siamo sforzati di recuperare titoli trascurati nella prima playlist e perle indiscutibili. Buona lettura.

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