C’è in rete un video essay di kogonada, What is neorealism?, in cui l’autore, confrontando la versione italiana di Stazione Termini di Vittorio De Sica con quella montata a Hollywood da David O. Selznick, sottolinea quali siano le caratteristiche più evidenti di uno stile, prima che fenomeno, di così largo successo in tutto il mondo. Excessive, Distraction, Unnecessary Diversion sono le peculiarità che kogonada riconosce al neorealismo: la digressione, la dilatazione del racconto, la tendenza a eccedere. Leggendo le recensioni di Freaks Out si nota la stigmatizzazione, in quelle negative come in quelle positive, proprio di questi aspetti. Si ascrive a Mainetti l’eccesso (di stile e di racconto, ma anche di durata), la tendenza a debordare. In una delle prime scene, quella del rastrellamento cui assistono i protagonisti poco dopo essere stati abbandonati (?) da Israel, abbiamo la possibilità di vedere proprio uno di quegli episodi marginali cui allude kogonada, episodi che non fanno progredire la narrazione (fattore inaccettabile per la fabbrica dei sogni), ma definiscono un contesto, un ambiente, un’atmosfera: una giovane non ebrea finge di essere lei la madre di un neonato mentre la donna (la madre legittima) che lo ha in braccio, e che sta per essere deportata, viene fatta passare per la nutrice, la tata. Così salva il bambino da morte certa, incassando il commosso ringraziamento della sventurata.