5 è il numero perfetto di Igort – La recensione

Peppino Lo Cicero (interpretato da un irriconoscibile Toni Servillo) è un sicario di seconda classe della camorra ormai in pensione; dopo l’omicidio di suo figlio, è costretto a tornare in azione. Questo avvenimento scatena una vera e propria guerra: a combattere, al fianco di Peppino, ci sono il suo più caro amico e l’amante di sempre.

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Il vizio della speranza di Edoardo De Angelis – Recensione


«Mister’, mister’, scavez’ a per’» recita uno dei brani, bellissimi, scritti da Enzo Avitabile per la quarta regia (e 1/3 se contiamo uno degli episodi di Vieni a vivere a Napoli) di Edoardo De Angelis. E De Angelis, effettivamente, indaga il mistero a piedi scalzi. Vulnerabili. Esposti. Agli strali di parte della critica italiana. Alcuni definiscono Il vizio della speranza un’opera controversa, ma è il giudizio su di essa ad esserlo, non l’opera. Che invece rivela una maturità incredibile del regista di Indivisibili e soprattutto il coraggio di osare e andare fino in fondo in un territorio minato: quello della fede, della spiritualità e del miracolo.

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L’ultima vita della Gatta Cenerentola

In principio fu Giambattista Basile. O forse no. Perché la storia dell’orfana costretta a servire matrigna e sorellastre sembrerebbe avere origini cinesi o egiziane, addirittura. La verità è che, come sempre, la tradizione orale di miti, racconti e leggende fa sì che sia difficile risalire alla vera origine degli stessi. Basile, però, giunse prima di Perrault e dei Fratelli Grimm cui si ispirò Disney per il suo celeberrimo lungometraggio di animazione nel 1950. Inutile dire che la coraggiosa operazione della MAD Entertainment di Luciano Stella, firmata da Alessandro Rak (già regista del precedente L’arte della felicità, Oscar europeo come miglior film d’animazione nel 2014 e fratello di Michele Rak, ovvero uno dei più importanti studiosi dell’opera di Basile), Ivan CappielloMarino GuarnieriDario Sansone, guarda soprattutto a Napoli e quindi a Lo Cunto de li Cunti del 1634 ed alla versione teatrale di Roberto De Simone del 1976. Noi di Pigrecoemme siamo particolarmente legati a questo film, dato che tra gli sceneggiatori di Gatta Cenerentola figura anche il nostro docente e fondatore Corrado Morra.

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Napoli Film Festival 2015 Day 4: Quarto potere

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Voleva tornare lì, in quel luogo ameno dove la felicità seduceva con la sua naturalezza, in maniera ineluttabile. Dopo non sarebbe stato più così.

Tony Pagoda e i suoi amici

Ci si avvicina in due modi a un film come Quarto potere (Citizen Kane) di O. Welles, proiettato ieri al Grenoble nell’ambito della retrospettiva sul regista statunitense: con la sicurezza boriosa della conoscenza, che si affida a una lista già stilata nel tempo per ridisegnare tutte le sfumature tecniche della pellicola e ricordare la grandezza di un regista che, a soli venticinque anni, ha regalato ai cineasti del futuro un metro di valutazione universale; oppure con l’imbarazzo dell’emozione, di chi ha visto il film più volte, lo ha smembrato e ricomposto, ne ha studiato i dettagli più scomodi e continua a provare emozione e imbarazzo, finendo per confondere le due cose.

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Napoli tra rappresentazione e autorappresentazione

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Stefano Crupi è di Caserta, è giornalista, ma soprattutto è autore di Cazzimma, suo romanzo di esordio, edito da Mondadori. Chi non l’ha letto, lo ricorderà per il titolo e per l’evocativa immagine di copertina: un ragazzo che pare emergere da uno specchio d’acqua con una sigaretta in bocca. La cazzimma è quella che, in questa sciagurata stagione calcistica, si dice non abbiano avuto i giocatori del Napoli, ovvero la capacità di cavarsela senza starsi a fare troppi problemi e, anzi, fregandosene anche del prossimo. Cazzimma parrebbe un romanzo come tanti perché, in fondo, parla di vite ai margini e di giovani attratti dal potere, quello del crimine organizzato. Ma Cazzimma non è Gomorra perché Stefano Crupi, in qualche modo, dà importanza ad una zona che, quasi mai, nelle cronache e nelle rappresentazioni di Napoli, viene riconosciuta: la zona grigia. Perché a Napoli non c’è solo la malavita e la faccia positiva, dualismo semplicistico al quale si finisce sempre col ricondursi quando c’è da raccontare e, soprattutto, da polemizzare sull’immagine di Napoli. C’è una larga fetta di popolazione che non vive di crimine, neanche indirettamente, ma per istinto di sopravvivenza ci è immersa, ne è sfiorata e se la fa scivolare addosso. Quella maggioranza di popolazione che, spesso, viene accusata di non indignarsi, ma che, in realtà, ha solo imparato l’inefficacia o la funzionalità a termine dell’indignazione. Sisto, protagonista del libro di Crupi, fa una scelta che non è radicale, come ci si aspetta sempre in un racconto che il mondo ci chiede sia morale; Sisto si allontana da un mondo criminale, ma non per abbracciare la legalità cieca. Per restare in quel limbo tutto partenopeo che è fatto di microinfrazioni di sopravvivenza: correre col motorino senza curarsi dei segnali stradali, acquistare dagli ambulanti senza che rilascino scontrino, accettare di pagare il parcheggiatore abusivo. Non si tratta di un’assoluzione, uno scrittore non è un giudice, ma semplicemente, tanto più se nasce cronista, un osservatore. Un osservatore che riporta. E Crupi riporta un mondo poco raccontato. Con Stefano Crupi, allora, abbiamo avviato una chiacchierata sulla rappresentazione di Napoli. Ve la proponiamo, certi che vi interesserà e vi coinvolgerà nel dibattito.

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3 film per convincerti a trascorrere il capodanno fuori Napoli

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Sei ancora in dubbio se trascorrere il capodanno a Piazza del Plebiscito a strapazzarti le orecchie ed a rischiare di bruciare vivo per le lanterne cinesi che saranno imprudentemente accese durante l’esecuzione di “Il falco e la rondine”? Pigrecoemme ti ama e ti dà tre buoni motivi per disertare questo appuntamento. Soprattutto se pensi che a Roma ci sono i Subsonica…

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