L’ultima vita della Gatta Cenerentola

In principio fu Giambattista Basile. O forse no. Perché la storia dell’orfana costretta a servire matrigna e sorellastre sembrerebbe avere origini cinesi o egiziane, addirittura. La verità è che, come sempre, la tradizione orale di miti, racconti e leggende fa sì che sia difficile risalire alla vera origine degli stessi. Basile, però, giunse prima di Perrault e dei Fratelli Grimm cui si ispirò Disney per il suo celeberrimo lungometraggio di animazione nel 1950. Inutile dire che la coraggiosa operazione della MAD Entertainment di Luciano Stella, firmata da Alessandro Rak (già regista del precedente L’arte della felicità, Oscar europeo come miglior film d’animazione nel 2014 e fratello di Michele Rak, ovvero uno dei più importanti studiosi dell’opera di Basile), Ivan CappielloMarino GuarnieriDario Sansone, guarda soprattutto a Napoli e quindi a Lo Cunto de li Cunti del 1634 ed alla versione teatrale di Roberto De Simone del 1976. Noi di Pigrecoemme siamo particolarmente legati a questo film, dato che tra gli sceneggiatori di Gatta Cenerentola figura anche il nostro docente e fondatore Corrado Morra.

Si è parlato, a proposito della Gatta Cenerentola animata, di contaminazione. Contaminazione che, come riconosciuto dallo stesso produttore Luciano Stella, era alla base anche dell’operazione del maestro De Simone il quale, partendo dalla novella del Basile, vi innestava elementi di altre leggende orali, musica popolare (tarantelle e villanelle), mitologia gender tutta partenopea (i femminielli). Qui la contaminazione si realizza a più livelli: di scrittura (favola, sceneggiata e cyberpunk), musicale (tradizione e suono newpolitano per dirla con Federico Vacalebre) e visivo (la protagonista Mia rimanda a Tank Girl mentre l’animazione viaggia, in modo del tutto originale, tra suggestioni di Sylvain ChometAri Folman). Contaminazione che, lungi dall’essere indice di un’operazione derivativa, va intesa nel senso nobile del termine, che è anche un po’ la cifra di una città come Napoli la quale, per motivi storici e politici, nasce nel segno del meltin’ pot linguistico e culturale. 

Ma Gatta Cenerentola non è solo un esercizio di stile raffinato e decisamente riuscito. Si presenta anche, cosa abbastanza rara nel cinema italiano tout court, con un sottotesto politico per nulla scontato. Il Polo della Scienza e della Memoria che l’ingegnere Basile fonda nell’incipit, omaggio ai cinegiornali Luce, rimanda ad un passato non così remoto, quello del rinascimento napoletano di metà anni ’90 del secolo scorso. Ma ben presto quell’occasione di sviluppo, quell’opportunità di rinascita vengono seppellite nella nave/tomba che non a caso si chiama Megaride come l’isolotto dove fu sepolta la sirena Partenope. Complici di questo delitto sono gli stessi abitanti della città che vengono chiamati in causa da un brano musicale egregiamente cantato da Massimiliano Gallo, voce di Salvatore Lo Giusto, ‘O Rre. Si tratta di una storia di fantasmi, lo si dice apertamente nel film, fantasmi di una rivalsa che si è affacciata negli anni passati, ma che è stata soffocata dalla malapolitica, dal pigro fatalismo di una popolazione che pensa che la nottata eduardiana passi da sola. La speranza è che Napoli smetta di sentirsi sorellastra di dominatori/matrigne, si riappropri della propria identità senza, però, guardare nostalgicamente ad un passato che fu comunque di dominazione (il culto neoborbonico trasversalmente avallato da fazioni politiche, altrove inconciliabili). La speranza è quella di ripartire da una ragazza il cui nome è un aggettivo possessivo, da urlare con forza e dignità a chi prova a insediarsi, a usurpare. La speranza è MIA. 

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