In programma 54 tra i migliori titoli della scorsa stagione più 18 prime visioni.
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In programma 54 tra i migliori titoli della scorsa stagione più 18 prime visioni.
Siamo la prima Scuola di Cinema e Fotografia di Napoli
Martedì 4 ottobre 2016 dalle 16:00 alle 18;30 alla Pigrecoemme, una lezione gratuita per comprendere qual è il corretto flusso di lavoro quando si lavora con la fotografia digitale e quali sono le potenzialità del metodo LAB, considerato il migliore per la correzione colore, per il contrasto, per la nitidezza e per ottenere un eccellente BN.
Capiremo come effettuare una corretta esposizione, come ottenere il meglio dal formato RAW e come effettuare una post-produzione rapida ed efficace.
Lunedì 3 ottobre passeggiata fotografica gratuita alla Sanità, organizzata dalla Organizzata dalla Scuola di Cinema e Fotografia Pigrecoemme e coordinata da Luca Sorbo, docente di fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli e curatore dei nostri corsi di fotografia.
Un’occasione unica per conoscere uno dei quartieri più caratteristici di Napoli: ci confronteremo sia con le bellezze architettoniche – come il Palazzo dello Spagnolo, Palazzo Sanfelice, il Cimitero delle Fontanelle e la chiesa di Santa Maria alla Sanità – , sia con gli aspetti sociali ed umani.
In una società scopocentrica come può essere la società delle immagini, la cecità, in qualche modo, può costituire, più o meno simbolicamente, perdita di identità o dell’io: video ergo sum. È altresì vero che, se, da un lato, il non “voler” vedere può spesso essere inteso come atteggiamento omertoso dettato da paura, biblicamente (Matteo 5:29-31 ) “Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te“, pertanto la vista, tutta concentrata come è sull’apparenza, spesso ci impedisce di vedere a fondo le cose.
L’espediente della cecità al cinema è utilizzato secondo queste coordinate oltre che come escamotage narrativo atto ad estendere i confini del fuori campo e della suspense, consentendo allo spettatore di saperne più del personaggio, oppure funzionale ad uno sviluppo “Davide vs Golia” dove il Davide dell’occasione è il menomato il quale impara ad usare gli altri sensi più e meglio degli altri.
Mercoledì 28 settembre 2016, dalle ore 16:00 alle ore 18:00, nell’ambito della rassegna Incontri fotografici, Gianni Fiorito sarà ospite alla Scuola di cinema e fotografia Pigrecoemme di Napoli per dar vita a un incontro in cui racconterà la sua avvincente esperienza di fotografo in grado di ricoprire ruoli di primissimo piano nel reportage, nella fotografia di scena sui set più prestigiosi e nella ricerca visiva a tutto campo.
Gianni Fiorito, già tra i fotogiornalisti che meglio hanno raccontato il capoluogo partenopeo (una sua fortunata mostra del 2004 si intitolava “Com’eravamo. Napoli, dal terremoto alla città spettacolo”), è anche uno dei principali fotografi di scena europei: sue le immagini che hanno veicolato e sintetizzato la forza degli ultimi film, per citarne alcuni, di Stefano Incerti, Paolo Sorrentino, Ivan Cotroneo e John Turturro.
Il sodalizio con Paolo Sorrentino ha condotto Fiorito anche alla pubblicazione per Feltrinelli di un magnifico libro fotografico: “La grande bellezza. Diario di un film” che raccoglie alcune immagini scattate sul set del film premiato con l’Oscar nel 2014.
Capace come pochi di scattare immagini in grado di condensare un intero racconto Gianni Fiorito, dotato di una non comune sensibilità di sguardo, ha portato alla fotografia di scena la sua esperienza di reporter, ottenendo risultati dal non comune valore artistico.
L’incontro
L’incontro, fino a esaurimento posti, è a ingresso gratuito e sarà presentato da Luca Sorbo, curatore dei corsi di Fotografia e di Fotogiornalismo della Pigrecoemme.
Prenotazioni e info al numero 081 5635188.
L’autore
Gianni Fiorito vive e lavora a Napoli. Fotogiornalista da sempre impegnato in un’accorata narrazione della complessa realtà napoletana, dal 1999 si dedica con particolare attenzione all’attività di fotografo di scena lavorando su numerosi set, tra cui quelli dei film: Il divo (2008), This Must Be the Place (2011) e La grande bellezza (2013) di Paolo Sorrentino, con cui ha lavorato anche per “The Young Pope”; Fuoco su di me (2005) di Lamberto Lambertini con un eccezionale Omar Sharif; Gorbaciof (2010) di Stefano Incerti; Passione (2010) di John Turturro; il campione d’incassi Benvenuti al Sud (2010) di Luca Miniero e La kryptonite nella borsa (2011) di Ivan Cotroneo.
Per introdurre l’argomento krimi dobbiamo ricorrere ad un vecchio numero della rivista Bianco & Nero (numero 3 del 1997) sull’Eurowestern. Nell’articolo di Christiane Habich, Il western in Germania Occidentale, leggiamo: “Alla fine degli anni’ 50 l’industria cinematografica tedesca era entrata in un profondo stato di crisi a causa dell’avvento della televisione. Le sale lamentavano un forte calo di spettatori, che dal 1959 al 1960 fu di circa il 9,1%. Soltanto l’Ufa, una delle principali case di produzione dell’epoca, nel 1959 ebbe una perdita di 5,4 milioni di marchi. Horst Wendlandt fu il salvatore – almeno per qualche anno – dell’industria cinematografica tedesca. Possedeva un vero fiuto per i temi di successo, e nel 1959 iniziò con Der Frosch mit der Maske (La maschera che uccide) una serie di riduzioni cinematografiche da Edgar Wallace che riportarono gli spettatori al cinema. A quel tempo Wendlandt lavorava ancora come direttore di produzione per la CCC-Film di Artur Brauner. Quando la Rialto Film, fondata all’inizio degli anni ’60 dal danese Preben Philipsen, si trasferì dalla Danimarca a Berlino, Horst Wendlandt assunse la direzione della filiale tedesca e procurò grandi introiti proprio grazie agli adattamenti da Wallace“. In altre parole, per quanto krimi in tedesco sia termine generico (diminutivo) col quale si indica il cinema, la letteratura (abbreviazione di Kriminalfilm o Kriminalroman) e le serie tv poliziesche (quelle celebri come Derrick – che condivide coi film di cui parleremo, protagonista, Horst Tappert, e uno dei registi, Alfred Vohrer – o Tatort ed il suo spinoff Schimanski – Sul luogo del delitto, per giungere alle più commerciali come Squadra speciale Lipsia o Il commissario Rex), è pur vero che nella pubblicistica sul cinema di genere, krimi viene usato esclusivamente per una serie di film prodotti dalla Rialto, gran parte dei quali tratti da romanzi di Edgar Wallace (e del figlio Bryan Edgar). Non parleremo, quindi, di Lang e di Mabuse che del krimi presenterebbe le caratteristiche (ed alcune sue apparizioni apocrife, in fondo, al krimi possono essere ascritte: vedi Scotland Yard contro Mabuse) né di alcuni thriller più recenti che hanno attinto ad altro immaginario (Tatoo di Robert Schwentke, del 2002, il quale deve più a Se7en di David Fincher che ai precedenti tedeschi ed infatti, dopo questo lavoro, al regista si sono aperte le porte di Hollywood), ma ci riferiremo solo a quel particolare periodo storico, quando il genere, da episodico, divenne un vero e proprio filone. Con influenze reciproche con il nostro spaghetti thriller, da Mario Bava e ritorno. Non a caso le due ultime pellicole che sul web ritrovate inserite in krimi list sono due coproduzioni con l’Italia (Cosa avete fatto a Solange? di Massimo Dallamano e Sette orchidee macchiate di rosso di Umberto Lenzi) mentre da Bryan Wallace sono tratti L’etrusco uccide ancora di Armando Crispino e parrebbe (in quanto non accreditato) addirittura Il gatto a nove code.