I corsi di fotografia della Pigrecoemme sono per molti un ottimo primo passo verso una carriera professionale e artistica nel settore. Da sempre, tra l’altro, coinvolgiamo i nostri ex allievi in iniziative interessanti o, come in questo caso, siamo lieti di promuoverne il lavoro.
Non potevamo non segnalarvi quindi l’evento che vede protagonista uno dei più talentuosi fotografi che hanno mosso i primi passi nella nostra “aula nera” e che abbiamo già avuto il piacere di ospitare, come autore, presso la nostra sede.
La mostra
Sabato 1 aprile 2017, alle ore 17:00, si terrà l’inaugurazione della mostra fotografica di Marco Menduni dal titolo “Namibia, viaggio nella memoria primordiale” presso la sala Loft del PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, in via de Mille 60, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli.
Luca Sorbo, docente di Storia e Archiviazione fotografica all’Accademia di belle Arti di Napoli, nonché presso la Scuola di Cinema e Fotografia Pigrecoemme, è il curatore della personale.
Gli scatti di Menduni raccontano con approccio antropologico uno dei Paesi africani più interessanti dal punto di vista naturalistico, faunistico ed etnologico, grazie alle numerose ed interessanti popolazioni autoctone: la Namibia.
La mostra, che sarà visitabile fino al 19 aprile 2017, gode del patrocinio morale dell’AMREF (African Medical and Research Foundation), la più grande organizzazione sanitaria no profit presente attualmente in Africa.
Marco Menduni
Nato a Napoli, classe 1972, Marco Menduni matura il suo percorso fotografico attraverso la sintesi di due grandi interessi: il viaggio e la conoscenza dell’altro. Nel corso degli anni, però, vira verso un taglio più fotogiornalistico, dedicandosi maggiormente al reportage sociale. La macchina fotografica per lui non è solo un ponte per accorciare le distanze con popoli e culture differenti, ma anche lo strumento scelto per raccontare ciò che vede nella vita di tutti i giorni.
Diverse le esperienze espositive, tra le quali, nel 2008, quella presso il Museo Memoriale della Libertà, a Bologna, con il lavoro “Tibet, natura e spiritualità”, il cui evento è stato patrocinato sia dalla Regione Emilia Romagna sia dal capoluogo Emiliano.
Nel 2012 espone presso la Sala Carlo V del Maschio Angioino con un reportage fotografico sulle dinamiche di inserimento dei migranti nel tessuto sociale napoletano, attraverso la toccante e singolare storia di Amir, originario del Ghana, e della sua famiglia. Il lavoro viene premiato dalla Scuola di cinema e fotografia di Napoli Pigrecoemme, ed il testo del reportage viene trasformato in un fumetto dall’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Nel febbraio 2015 alcune sue immagini vengono pubblicate nel libro “Gli dei e gli eroi della Campania antica” di I. Sarcone, editore Laco Napoli.
Namibia (di Luca Sorbo)
La Namibia è una terra di forti contrasti, un luogo in cui la natura presenta il suo aspetto più estremo, in cui vivere esperienze ancestrali. Marco Menduni ha uno sguardo delicato e sensibile, ma profondamente indagatore, alla continua ricerca di istanti autentici. Non è fotografo di mestiere, ma la fotografia è diventata una sua seconda pelle, un modo per vivere e condividere le proprie emozioni.
Ha vissuto questo suo bisogno interiore in India, a Calcutta, nelle regioni himalayane del Tibet, in Nepal, nel Ladakh e in molti altri luoghi. Lo ha ricercato a Napoli, esplorando le periferie e la vita degli immigrati. Una ricerca visiva che è stata presentata alla Sala Carlo V del Maschio Angioino.
L’Africa era una meta necessaria per proseguire questo percorso, un viaggio nello spazio, ma soprattutto un viaggio nel nostro passato più remoto, alla scoperta di una dimensione umana che la società tecnologica ha travolto.
Fotografare è un’esperienza fisica, un confrontarsi con il mondo attraverso la mediazione della fotocamera e le immagini non sono altro che la traccia di questo incontro\scontro.
L’attraversare il deserto del Namib, uno dei più antichi del pianeta con le sue dune rosse, da cui prende il nome il paese, ha obbligato Marco e perdere i riferimenti estetici a cui era abituato e da questa epifania visiva sono nati alcuni del pregevoli paesaggi in mostra.
La Namibia ci fa scoprire gli elementi essenziali del mondo: il tramonto, il cielo stellato, il deserto, il mare. Annulla il rumore di troppe cose inutili che riempiono la nostra vita quotidiana e ci obbligano ad una vita di apparenze. Vivere il freddo, il caldo, il contatto con gli animali è un modo per interrogare le parti più profonde del nostro essere, per riscoprire la forza della nostra umanità.
Mi dice Marco che tutti sorridono in Africa e questo contrasta in modo evidente con le nostre città piene di tensioni e insoddisfazioni, con le nostre città super organizzate, ma prive di senso umano.
Baudrillard dice che non siamo noi a fotografare il mondo, ma è il mondo che ci chiede di essere raccontato: Marco sa porsi in ascolto della realtà cogliendone le confessioni più intime, fissando attimi infiniti.
È facile notare come le persone si fidino di lui, regalandogli sguardi di infinità dolcezza e verità. I nostri occhi si perdono nei colori intensi della Death Valley, tra gli animali della Riserva Naturale di Etosha, nell’incredibile Skeloton Coast Park, nei visi degli uomini e delle donne ed in qualche modo anche noi scopriamo un nostro bisogno di viaggio interiore. Forse è questo il mal d’Africa, di cui tanto si parla: questo bisogno di autenticità, senza troppe mediazioni, questo bisogno di sentire la vita sulla pelle, senza troppe protezioni. Credo che da queste esperienze Marco troverà anche nuovi occhi per raccontare la sua città, Napoli, che riesce ancora a resistere all’omologazione crescente e che ha ancora bisogno di essere raccontata nelle sue tante contraddizioni e verità.