Lo spettacolo, con la regia di Maria Benoni e Marina de Rogatis e le scenografie video di Giulio Arcopinto, presentava una scrittura di scena sull'assenza e sulla speranza che mette insieme suggestioni d'antan e modernariato industriale, la nuda terra esiziale e l'aspirazione allo spazio siderale, il nulla e l'infinito, dove il materiale imprevedibile delle improvvisazioni si condensa nella forma semplice e immediata dei tableaux: micropartiture che s'intrecciano come fili di materiale diverso a formare un unico tessuto fatto di corpi, suoni, voci e immagini proiettate. Un segno teatrale fortemente affine al cinema, povero, sobrio, ridotto all'osso, al minimalismo essenziale di una punteggiatura, al buio, alla luce.
Note di regia
La morte ride di se stessa allo specchio delle sue innumerevoli declinazioni... Fine, distruzione, perdita, sparizione, paura, paralisi, distanza, censura, espulsione, ripetizione, eliminazione, clausura... Ma anche imbarazzo, disagio, gaffe , sfida e leggerezza. Cinque attrici, cinque ombre, cinque figure in fuga verso la vita... Morte come rovescio. Paradosso del quotidiano. Morte individuale e morte collettiva.
In uno spazio ridotto e in un tempo frammentato, in una sorta di successione di dettagli cinematografici, lo spettatore assiste ad una serie di "morti minime". Abitudini e cose che finiscono senza un finale apparentemente eclatante.
Pre-testo dello spettacolo è appunto la morte in questo nostro tempo fatto di contraddizioni, di guerre e di tentate tregue, di malesseri per le continue stragi che fanno morti e lasciano i vivi sospesi
Partendo da questa traccia, pesante, imbarazzante, tentiamo una difficile eppure necessaria elaborazione del lutto. Portiamo al parossismo l'orologio inceppato della comunicazione mediatica che spettacolarizza la morte e la violenza facendone pornografia. Uno "spettacolo" sulla morte che non vuole "dare spettacolo" di sé. Respiriamo questa contraddizione in una partitura che prova a mettere in scena la paura di morire per vincere la paura della vita.
Alle azioni delle attrici fanno da contrappunto figure, presenze/assenze, che si affacciano dalla superficie in tela di tre monoliti, lapidi, finestre, paraventi dislocati sulla scena in maniera asimmetrica.
Le immagini moltiplicano il gioco di sguardi di cui è intessuto lo spettacolo chiamando in causa lo spettatore stesso. Il tempo dell'azione vive, così, di una serie di contrasti necessariamente ironici: tra la "gravità" dei corpi in scena, in bianco e nero, e la leggerezza colorata dei pixel, tra il mondo disperatamente chiuso e ordinato che dà mostra di sé in basso, e lo sguardo di figure impalpabili e naif che restituisce un universo fatto di solitudini... Solitudini inceppate, caotiche, nevrotiche, più o meno consapevolmente crudeli che intanto ridono e ridono e ridono, con i Nasi al cielo!
Produzione: Scuola di Cinema Pigrecoemme
Regia teatrale: Maria Benoni e Marina de Rogatis
Scenografie video: Giulio Arcopinto
Attori: Adriana Savastano, Angela Van Opejnen, Raffaela Erminio,
Carla Manzo, Marina de Rogatis
Drammaturgia: Scrittura di scena con testi originali
Rappresentato al teatro Elicantropo da 18 al 21 maggio 2006.