10 film così anni ’80…

anni ottanta

Ci piaccia o meno (e ci piace poco), gli anni zero e dieci sono più figli degli anni ’80 che dei ’70. L’interventismo politico/militare, un certo fancazzismo che soffoca e travolge qualsiasi forma di impegno, un edonismo che, nella sua forma reaganiana, era, forse, inconsapevole (anche se uno sguardo più approfondito all’Inghilterra della Thatcher sarebbe bastato a svelare l’inganno) mentre ora è solo stupido e masochistico (nessuno crede alle balle dell’establishement, ma mica ci si fa mancare lo status symbol più nuovo) o da ultima spiaggia (l’Occidente sta crollando, tanto vale godersela!). Tuttavia, quasi per una forma di senso di colpa collettivo verso un decennio che, specie da chi lo ha vissuto, viene avvertito come buio, privo di valori e devastante finanche nei suoi momenti epocali (la caduta del muro di Berlino viene letta oggi come il principio dell’omologazione verso il basso, verso il lato oscuro del capitalismo e, di certo, ha avuto più conseguenze rintracciabili hodieRitorno al futuro II che uscì nello stesso fatidico anno: il 1989), non si può dire che gli ’80 siano i nuovi ’70 perché il revival degli eighties avviene in sordina. Mentre non si vedeva l’ora di indossare nuovamente pantaloni a zampa di elefante ed acconciarsi come a Woodstock, non è che si muoia dalla voglia di tornare paninari, di calzare stivali El Charro (il cui restyling è stato fallimentare) o scaldamuscoli fluorescenti. L’esplosione del retrogaming (videogiochi anni ’80 venduti a centinaia se non migliaia di euro) conferma una malinconia ludica più che ideologica, coerente con l’idea che ci si è fatta di quegli anni. E il cinema? Nostalgia c’è, ma, probabilmente per i motivi sopra esposti, per gli aspetti di superficie (il look, la grafica). O, forse, per quello che è stato l’ultimo cinema a non essere travolto dall’ondata autoreferenziale ed autoironica del postmoderno, per gli ultimi scampoli di discorso politico nel cinema horror (CravenCarpenter) o per gli ultimi esempi di cinema per ragazzi buono e non buonista. Dopo averci pensato a lungo, abbiamo pensato di non inserire film ambientati negli anni ’80, che sarebbero solo film in costume (non troverete Cold in July, quindi, né Notte prima degli esami) né film inseriti in altre playlist (come The GuestI mercenari che trovate qui e Guardiani della galassia, secondo noi uno dei migliori film del 2014), ma di cercare quelle opere in grado di catturare l’esprit des années 80. Questa è la nostra lista. Magari voi avrete la vostra.

1 – Step Up di Anne Fletcher

Dei vari tentativi fatti di rilanciare il dance movie (Save the Last DanceA time for DancingTi va di ballare?Shall We Dance?Step Up è l’unico ad aver originato un vero e proprio franchise che conta 4 pseudo sequel ed uno spin off tematico appena distribuito (Breaking Dance) che aggiorna all’era 2.0. (“Il ballo su Youtube è un business enorme ed io so come ci si muove“) la guerra tra crew stile Breakdance (1984), Rappin’Beat StreetBreakin’ 2. Nel primo Step Up c’è anche l’attrazione sessuale (Dirty Dancing) ed il personaggio proletario tipo Flashdance.

2 – Ti stimo fratello di Giovanni Vernia e Paolo Uzzi

Alla fine, per quanto poco possa piacere allo spettatore medio radical chic che ci tiene al divertimento intelligente, Zelig è diventato il Drive In del Terzo Millennio e Ti stimo fratello (rispetto ad altri film con i comici scoperti su quel palco: da Ficarra & PiconeAle & Franz passando per il campione di incassi Checco Zalone) è l’Italian Fast Food degli anni ’10 per esilità della trama, sciatteria della confezione ed assoluta inconsistenza del protagonista/personaggio principale. Più eighties dei tentativi fallimentari di sequel impossibili (mutatis mutandis) quali L’allenatore nel pallone 2Il ritorno del Monnezza ed Eccezzziunale veramente – Capitolo secondo me. Curiosamente prodotto dalla Colorado Film responsabile di un programma tv concorrente.

3 – Bad Milo! di Jacob Vaughan

Stranamente prodotto dai padri del mumblecore, i fratelli Mark Jay DuplassBad Milo! è quasi un mash up tra Society di Brian YuznaMonkey Shines di George Romero. Il mostriciattolo che esce dallo sfintere del protagonista (e già!) e che è il prodotto del suo stress ha il look degli horror a basso costo eighties tipo Ghoulies. Da non perdere il duello tra i “Milo” del padre e del figlio.

4 – It Follows di David Robert Mitchell

C’è il contagio e per di più a trasmissione sessuale, che è tema molto anni ’80 (gli anni della paura dell’AIDS), c’è la periferia degradata (molto Il signore del male) e, soprattutto…il cavalletto (ché ormai sembra che gli horror si possano fare solo con l’espediente del found footage)! It Follows è eighties nel profondo e non nel suo aspetto formale, sebbene non manchi l’omaggio grazie ad una colonna sonora caratterizzata da un certo Carpenter’s touch.

5 – Dead Sushi di Noboru Iguchi

Senza nulla togliere alla Asylum, la Troma del Terzo Millennio è la Sushi Typhoon (costola low budget della Nikkatsu) ed il suo Lloyd Kaufman regista è Noboru Igochi (suoi Robogeisha, l’imprescindibile Zombie Ass: The Toilet of Dead e questo Dead Sushi). Stessa mancanza di pudore nell’imbastire storie senza alcun senso (lo afferma anche uno dei personaggi) e con fx inadeguati. Anche il flebile messaggio politico (la amoralità dell’industria farmaceutica) fa molto Troma. E se quest’ultima può vantarsi di aver scoperto il talento di James Gunn, la Sushi Typhoon può, a sua volta, orgogliosamente affermare di aver prodotto Cold Fish di Sion Sono. 

6 – Earth to Echo di Dave Green

Ecco un film in cui è rintracciabile quello che abbiamo definito esprit des années ’80 (perché in francese fa più cinéphile) al di là della confezione. Che è tremendamente anni ’10 (l’abusato found footage) così come l’uso di smartphone e app non tarda a ricordarci. Tuttavia, una BMX buttata lì, un alieno che è un po’ E.T. ed un po’ Numero 5 (di Corto circuito), ma soprattutto la trattazione dell’amicizia, della perdita dell’innocenza e dell’ “altro” migliore di quanto lo siano gli adulti terrestri, rappresenta un vero e proprio revival tematico.

7 – Turbo Kid di François Simard, Anouk Whissell e Yoann-Karl Whissell

Turbo Kid, invece, a differenza di Earth to Echo, fa di tutto per sembrare girato negli anni ’80 (dai loghi della produzione, ai titoli, alla musica, fino alla scelta di ambientarlo in un futuro, guarda caso il 1997, che per noi è già passato) e, dal punto di vista formale, ci riesce, richiamando alla mente cult movie dell’ozploitation (Mad Max, per esempio anche perché trattasi di coproduzione tra Canada e Nuova Zelanda), ma anche un po’ il Richard Stanley di Hardware nonché il genere postapocalittico del nostro cinema bis. L’operazione, tuttavia, lascia l’amaro in bocca per quella sua natura di divertissement retrò, ma sterile, tipo i Grindhouse Movie di Rodriguez (Machete) e Jason Eisener (Hobo With a Shotgun), con l’immancabile attore feticcio di quegli anni che, qui, è il Michael Ironside di ScannersVisitors.

https://www.youtube.com/watch?v=HxyH-adavb8

8 – Skin Trade di Ekachai Uekrongtham

Se c’è un cinema che è anni ’80 senza sapere di esserlo, questo è senz’altro l’action thailandese, quello che ha sfornato pellicole la cui inconsistente sinossi, l’ingenuità della confezione unita ad un uso spregiudicato degli stunt, senza ricorso alla CGI, fa sì che la loro visione sia accompagnata da una sorta di spaesamento spettatoriale. Ong-Bak, The Protector sono opere che paiono uscite  da quella decade, se si esclude qualche virtuosismo registico (in The Protector l’incredibile lotta lungo le scale in piano sequenza) e Tony Jaa è, a tutti gli effetti, il Van Damme del XXI secolo. Giusto, quindi, affidare la regia di questo film ad un thailandese in grado di indirizzare il prodotto fuori dai binari del gioco postmoderno (quale è, ad esempio, il franchise degli Expendables di Stallone) o dall’ironia dei buddy cop movie tamarri tipo DankoTango & Cash (non a caso diretti da, rispettivamente, Walter HillAndrej Končalovskij) che precorreva, decisamente, i tempi. Il che, però, non lo salva dalle secche di una confezione dozzinale, ad esclusione delle scene di lotta, ed appesantita da un tema importante quale la tratta di esseri umani, fortemente voluto dallo sceneggiatore (!!!) Lundgren.

9 – Non è un’altra stupida commedia americana di Joel Gallen

Nonostante qualche frecciata a film della fine dei ’90 (il film è del 2001) quali American PieCruel Intentions, questo spoof (migliore dei vari Scary Movie degli stessi autori) non può far finta che non sia esistito John Hughes ed il Brat Pack ed infatti non lo fa regalando, come bonus, l’insperata epifanìa finale di Molly Ringwald con annessa gag sull’archetipica scena del timido battito di mani che si trasforma in scrosciante applauso.

10 – Drive di Nicholas Winding Refn

Drive è forse il film che, più di ogni altro (e più anche dello stesso Michael Mann), raccoglie il testimone dell’estetica da Miami Vice. Il sospetto di meticciato postmoderno per orfani di Tarantino (molto più autore di Refn) è altissimo, nonostante il successo di pubblico e critica. L’esprit des annés ’80 non abita qui, semmai è di passaggio.

 

 

 

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