Raffaela Mariniello | STILL IN LIFE

Venerdì 7 marzo 2014, alle ore 19.00, presso lo Studio Trisorio (a Napoli, alla Riviera di Chiaia 215) s’inaugura la mostra di Raffaela Mariniello Still in Life. L’esposizione, oltre a un light box di grande formato, un’installazione e una fotografia, presenta un video realizzato da Mariniello con il nostro Giacomo Fabbrocino, prodotto da Pigrecoemme.

Un frame dal video
Un frame dal video

A un anno dall’incendio doloso che ha distrutto Città della Scienza a Bagnoli, la fotografa napoletana – uno degli artisti più sensibili e “politici” della scena europea degli ultimi anni –, indaga tra le tracce del disastro (ma anche tra le pieghe del paesaggio, tra il vuoto del cielo, tra le ipotesi silenziose dei fuori campo…), alla (frustra?) scoperta dei prodromi e delle ragioni profonde che hanno provocato una tale ingiustificabile dissoluzione, ferita purulenta e non rimarginabile nel tessuto profondo, urbano e simbolico, della città.

Quello che emerge è il racconto doloroso di un disastro, ma ancor più che l’avvilente cronaca di un’irreparabile sciagura da cronaca nera, ciò che questo lavoro scopre davvero è la fotografia di un catastrofe morale che, in un insight luminescente ci costringe a una sorta di impietoso confronto con il “ritratto di Dorian Gray” della città e dei suoi sogni, svelandoci che cosa Napoli è infine diventata: uno spettro avvilito, l’arsa carcassa delle sue ambizioni e della sua appannata grandezza.

Potente, terribile, il grande light box ricostruisce, come se fosse un cupo fossile, i segreti e le stratificazioni di polvere e detriti di una scrivania con sopra un computer scorto in un angolo di un ufficio completamente andato a fuoco, e ci restituisce, in qualche modo, il segno della vita quotidiana che la sfiorava. Ma nella mostra Still in Life è poi il video a palesarci definitivamente – nel segno antropico di un’ombra, così come nelle mute soggettive e in certi carrelli rivelatori come vivisezioni – la vera perdita irrimediabile legata al rogo di Città della Scienza: lo sradicamento feroce della presenza dell’uomo come attore di ogni azione rigeneratrice, politica e sociale, espulso da quel paesaggio dall’arroganza della violenza, come fosse per sempre.

Un frame dal video
Un frame dal video
Un frame dal video

In equilibrio sul confine tra il linguaggio del cinema e quello della fotografia, Mariniello e Fabbrocino (con Fabio Farinaro alla macchina da presa)  investigano sì il corpo defunto di Città della Scienza, ma l’obiettivo non è quello di repertarne le macerie, né quello, in una bizzarra tassonomia necrofila, di classificare il danno. Qui la spinta a raccontare è data dalla tensione della testimonianza sociale, ma anche dall’amore per quei luoghi, al punto che anche la bruna nudità della ruggine, così come la cancrena ossidata dell’abbandono e le dune di detriti e polveri pesanti, diventano la fertile sorpresa della scoperta di forme e di colori, vivi e indomabili. È non certo, questo, un processo di cinica appropriazione del dolo (in una, cioè, malintenzionata idea del Sublime), quanto la necessità di un’ostinata ricerca di un’arte che, pur nella ferale constatazione del precipizio, al fondo, scavi e gratti fino a scoprire, ogni volta, la poesia nascosta del mondo.

E il mondo che questo video ci racconta è proprio un mondo sull’orlo della fine, e il suo gesto artistico è quello che si muove e insegue la rinascita, perché capace, con vibrante empatia e un tessuto straordinario di emozioni, di raccontarci la speranza che, pur nella calma morta e polverosa delle macerie, si nasconde nella devastazione: la palingenesi indomabile della Bellezza.

Viaggio in un’umanità senza fine, il nuovo progetto fotografico di Luigi Sorrentino

Sabato 25 gennaio, dalle ore 16,00 alle 18,00, il fotografo Luigi Sorrentino ritorna alla Scuola di cinema e fotografia Pigrecoemme di Napoli, per presentare il suo ultimo progetto, Viaggio in un’umanità senza fine, un racconto di grande potenza espressiva che, tra fotoreportage e video, si fa commovente testimonianza delle contraddizioni, del dolore, delle gioie e delle infinite epifanie di cui è capace il mondo.

Algeria, Burkina Faso, Egitto, Mali… Attraverso un lungo percorso in giro per il mondo, anche questa volta Sorrentino, con l’empatica capacità del suo sguardo, trova – ora nei volti di bambini, ora in particolari rivelatori, ora in spiazzanti scorci geografici –, il segreto più profondo di ogni soggetto, portando fuori la fragile tenerezza della condizione umana e tutta la poesia di cui essa è sempre capace.

Anche quest’appuntamento rappresenta un’interessante un’occasione per gli appassionati di fotografia e di fotogiornalismo per conoscere più da vicino il lavoro di Sorrentino, autore di una delle ricerche fotografiche più intelligenti e sensibili del panorama contemporaneo, nella quale, nella costante perlustrazione di un nuovo Umanesimo, l’interesse sociologico si combina sempre a un’eleganza formale di rara bellezza.

Come partecipare
L’incontro, fino a esaurimento posti, è a ingresso gratuito e sarà presentato da Luca Sorbo, curatore del Corsi di FotografiaFotogiornalismo della Pigrecoemme. Informazioni e prenotazioni al numero 081 5635188.

L’autore
Luigi Sorrentino (Gigi per gli amici) è un insegnante e fotografo italiano, nato in Francia nel 1960, che ha vissuto per molto tempo all’estero (Marocco, Gran Bretagna, Francia, Argentina, Irlanda) dove ha lavorato, viaggiato e soprattutto fotografato. Attualmente vive e lavora a Tunisi.

Nel 1995, in Marocco, ha vinto il concorso fotografico “Casablanca in bianco e nero”; nel 2007 si è aggiudicato il premio Città di Lille in Francia, nel 2009 il premio Peña fotografica Mar del Plata e nel 2010 il Premio Ciudad de Málaga per la paz. Ha esposto in varie città in Italia e all’estero.
Un suo profilo fotografico è visionabile qui: www.flickr.com/photos/giginapoli/

Galleria

Il sogno della pittura di Salvatore Morra Supino, una retrospettiva a Napoli

Sabato 18 gennaio, alle ore 18,00, presso la Galleria Arti Decorative di Napoli (Vicoletto Ischitella 8), si terrà l’inaugurazione della mostra “Il sogno della pittura”, retrospettiva dell’artista napoletano Salvatore Morra Supino, patrocinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli.

L’esposizione, che cade in occasione degli ottant’anni dalla nascita dell’artista e a cinque dalla scomparsa, è a cura della storica e critica d’arte Federica De Rosa, docente di Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, e copre un ampio arco dell’attività di Morra Supino: dagli anni Sessanta fino alle ultime opere degli anni Zero.

Con questa mostra la Galleria Arti Decorative continua l’attenta esplorazione su alcune ricerche artistiche che hanno avuto vita a Napoli e che, pur dotate di grande forza espressiva ed elaborata consistenza linguistica, non hanno ancora del tutto avuto un’adeguata sistemazione storica e critica.

In questo contesto può essere letta l’esperienza di Salvatore Morra Supino (Napoli 2/7/1934 – 30/12/2008), artista napoletano che, con passione e dedizione, ha dato vita a un’avventura pittorica di grande interesse, che, a dispetto di un’attività corposa (soprattutto tra gli anni Settanta e i primi Novanta) non ha ancora conosciuto la sua giusta e definitiva collocazione storica e una più precisa sistemazione ermeneutica.

La mostra resterà aperta fino a sabato 1° febbraio 2014 e potrà essere visitata dal lunedì al sabato, dalle ore 10,00 alle 13,00 e dalle 16,00 alle 19,30.

Come puntualmente non manca di sottolineare Federica De Rosa nel testo critico che accompagna la mostra, è stato Vitaliano Corbi a notare, a proposito dell’ultima personale di Salvatore Morra Supino tenutasi nel febbraio 2005 presso la galleria e scuola di cinema Pigrecoemme di Napoli, quanto, già a un veloce sguardo sulla sua pittura, si avesse “la netta impressione di trovarsi di fronte ad un lavoro di notevole spessore culturale, ad un artista che ha fatto della pittura un terreno di ricerca espressiva e di autentica testimonianza esistenziale”. E Corbi continuava ragionando su come, nelle sue tele di grandi dimensioni, si manifestasse una “compagine pittorica di forte tenuta plastica e un impianto monumentale, sorretto da un’esigenza di racconto frontale, in cui affiorano motivi iconografici carichi di valori simbolici”.

È poi De Rosa a ricordare come sia necessario ora rileggere il Novecento in tutte le sue pieghe, alla ricerca anche degli “umbratili” (prendendo in prestito un aggettivo longhiano), ovvero degli artisti che hanno “operato in modo irregolare, per rinnovamenti più intimi, riflessivi e composti, anche al costo di rimanere all’ombra della ‘modernità’, in nome di un’adesione personale e sincera al nuovo, non mancando, tuttavia, di offrirgli alcune altrettanto sincere resistenze”. E questa mappatura, osserva De Rosa, “non potrebbe non includere Salvatore Morra (che in omaggio alla madre scomparsa firmerà Morra Supino dal 1987), artista nato a Napoli nel 1934, formatosi all’antico mestiere di pittore presso botteghe di maestri locali e avviato all’attività espositiva già dal Cinquanta”.

Ancora con le parole di De Rosa, emerge chiaro come quello di Morra Supino sia un processo artistico che, tra ricerca spirituale, impegno politico e una lirica chiave onirica, “sceglie di operare in assoluta libertà, concentrandosi sulle possibilità tutte della pittura, che egli stesso indicava come ‘pura’, nel senso di concreta. Invero, tutta la sua pittura, che non rinuncia a certi virtuosismi del colore e che si fa opportunità per osservare lo spettacolo della vita (come pure della morte), vive nel e del costante dialogo tra reale e astrazione, tra resoconto e sogno, tra pause e sinfonie, tra storia e fiaba”. Una pittura fatta di “luoghi non riconoscibili: sono i paesaggi della sua anima, tutti interiorizzati, sognati e riproposti come luoghi possibili, in cui pochi elementi riconoscibili (una luna piena, un lupo, una foglia o un ramo d’albero, là dove manchi la figura umana) chiedono al fruitore di completare una narrazione lì dove l’artista l’ha lasciata in sospeso, come appena risvegliatosi da un sogno”. Il sogno della pittura, appunto.

Nota biografica

Nato a Napoli nel 1934, nel quartiere di Fuorigrotta, dove viveva e lavorava, Salvatore Morra Supino esordiva a soli sedici anni in una collettiva al Parnaso alla Riviera di Chiaia. È del ’57 la sua prima personale. Tra gli anni Sessanta e Settanta è particolarmente attivo tra la costiera sorrentina e il salernitano, dove firma una serie di interessanti esposizioni tutte incentrate su una pittura che metteva insieme istanze sociali forti e un gusto per una figurazione epica e cupa che già allora incominciava a virare verso suggestioni astratte più oniriche e metafisiche.

È in questo periodo, ad esempio, che le sue tele iniziano ad essere pregne degli umori letali della guerra, in impianti figurativi che vivevano dello stridente contrasto tra le rimembranze degli orrori dei bombardamenti su Napoli della Seconda guerra mondiale ed uno sguardo, infine, sempre incantato sull’umanità e sulla sua tragica commedia raccontata, però, con un piglio olistico e spirituale di commossa partecipazione.

Nel ’76 espone a Milano e poi a Foggia mentre tra il ’79 e l’83 è legato all’esperienza breve ma decisamente interessante della Bilancia, una galleria nel cuore dell’area flegrea. Sempre nell’83 è in Svizzera, a Meisterschwanden, per una mostra alla Del Mese-Fischer. Ancora dell’83, prodotta dal Comune di Ercolano, è la sua unica esposizione d’impianto decisamente concettuale (le geometrie de “I cerchi della vita”). Nel giugno dell’85, infine, partecipa a Seetal, una complessa collettiva ancora a Meisterschwanden.
Tranne apparizioni sparute, da quell’ultima mostra svizzera, seguono vent’anni di silenzio espositivo, ma di non meno costante e sofferta ricerca artistica, che sfociava nel 2005 in un’emozionante retrospettiva negli spazi napoletani di Pigrecoemme (www.pigrecoemme.com/mostre/salvatore_morra/galleria.htm).

Schivo, riservato, unicamente concentrato sulla sua ricerca, con un rispetto e una dedizione quasi religiosi per l’arte, Salvatore Morra Supino, che scompare a Napoli nell’inverno del 2008, è stato un artista che ha sempre coniugato una pittura colta e di grande sensibilità esistenziale a motivi filosofici e sociali profondi.

Galleria

Ufficio stampa per Pigrecoemme: Valerio Iuliano (tel. 3497841675)

Info: 0815635188; 3392853672.

Primi scatti. Studenti di Fotografia in mostra

Primi scatti, è questo il titolo della prima di una serie di mostre che periodicamente esploreranno gli esordi e i primi approdi di ricerca di alcuni giovani fotografi campani.
L’esposizione si terrà negli spazi di Pigrecoemme, a Napoli in Piazza Portanova 11, dal 13 gennaio al 7 febbraio 2014 24 gennaio 2014. L’inaugurazione è per lunedì 13 gennaio alle ore 17,00. Nei giorni successivi la mostra sarà visitabile, dal lunedì al venerdì, dalle ore 11,00 alle 13,30 e dalle 15,00 alle 17,30.

La mostra espone 28 fotografie, di 14 giovani fotografi, tutti studenti di Fotografia alla Pigrecoemme, che presentano le loro prime ricerche fotografiche, alcune delle quali non mancheranno di certo di articolare, in breve tempo,  sviluppi interessanti.

Giuseppe Barretta lavora sul controluce come espediente di piccole rivelazioni e i suoi sono scatti carichi di un senso di attesa insieme giocosa e drammatica. E drammatico è il bianco e nero di Lucia Coppola, che si muove tra le rivelazioni dell’autoritratto e la ricerca sul paesaggio. Dalila D’Alessandro, invece, lavora con lunghe esposizioni e, tra dissolvenze e sovrimpressioni, rivelano il sottile gioco sul Doppio e sulla natura fittizia della messinscena fotografica. Quello di Michela Silvia D’Alessandro è un taglio fotografico drammatico e sensuale, in cui il gioco dei particolari scopre un corpo che sovente si finge Natura, in un processo linguistico dove l’identità si mostra celandosi. In Gianluca Della Rossa, invece, la foto è soprattutto passione che racconta passioni: in tal senso vanno lette le festose raffigurazioni di cani da lui proposte. Nicola Di Meo è invece attratto dalla potenza espressiva del paesaggio. E mentre Ilaria Errico ha un occhio ora attento alle curiosità folcloristiche, ora a un più doloroso impianto esistenziale, nelle foto di Chiara Giordano l’attenzione antropologica si rivela apertamente in una serie di dettagli sull’architettura funeraria, tramite campi medi su cimiteri zeppi di croci e marmi. In Raffaela Naldi Rossano la fotografia è l’espressione dei sentimenti, dove la tenerezza è la costante del suo discorso, mentre per Teresa Malacario la fotografia è curiosità e partecipazione, tra racconto di viaggio e capacità empatica. Vincenzo Nocerino, invece, ci restituisce una cupa metafisica dello spazio, in cui il paesaggio scopre ora la traccia antropica, ora il disegno naturale, ma sempre insistendo su una malinconica nota di solitudine di fondo. Anche Serena Scagliarini è abitata da istanze di lettura antropologica del reale, cui non è aliena una qual poetica inquietudine sul destino umano. Gli scatti di Luigi Spera sono sospesi tra il momento del reportage e l’approfondimento della foto d’arte, con esiti estetici interessanti. Infine, Gabriella Valente propone un chiaro discorso sull’assenza, con tracce volatili di presenze umane, forse appena scomparse oppure mai esistite.

Landscapes of Memory al Festival di Roma


Il docufilm “Landscapes of Memory / Paesaggi della Memoria”, prodotto dalla Scuola di cinema Pigrecoemme di Napoli, è in concorso al Festival internazionale del film di Roma nella sezione RisonanzeConversazioni video, spazio dedicato a documentari sull’architettura e le arti visive, scelti tra le più importanti e recenti produzioni italiane e internazionali.
L’opera sarà proiettata alla Casa dell’architettura di Roma il prossimo martedì 12 novembre, alle ore 18,30.

Con la regia di Giacomo Fabbrocino, il film documenta la complessa installazione che Christian Leperino – artista napoletano, tra i nomi più interessanti della nuova scena della ricerca visiva europea – inaugurava il 21 giugno 2012 al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Girato con tecniche cinematografiche, “Landscapes of Memory / Paesaggi della Memoria” combina il linguaggio tipico del documentario con un approccio visivo sperimentale, vicino alla video arte, risultando in una testimonianza che ha l’obiettivo di conservare e restituire allo spettatore l’esperienza dell’installazione di Leperino, monumentale ma progettata per essere accolta solo per pochi giorni all’interno della Sala Farnese dell’Archeologico, e quindi effimera e provvisoria.

La nascita dell’operazione dell’artista napoletano viene raccontata da Fabbrocino attraverso il confronto tra la tensione drammatica del gruppo marmoreo del Toro Farnese e le radici della ricerca espressiva dell’artista, il quale da tempo trae linfa dagli scenari della periferia urbana più dimenticata, in un continuo confronto e in un non meno serrato conflitto tra archeologia classica e archeologia industriale (potenti le sequenze riprese nella centrale elettrica dismessa di Vigliena).

Presentato per la prima volta lo scorso 5 ottobre al Museo Madre di Napoli e il 26 dello stesso mese al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, “Landscapes of Memory / Paesaggi della Memoria” è stato prodotto dalla Scuola di cinema Pigrecoemme di Napoli, uno dei punti di riferimento della didattica audiovisiva in Italia e piccola e agguerrita casa di produzione, che negli ultimi anni ha legato il suo nome a una serie di interessanti operazioni culturali. Tra queste, ricordiamo le seguenti coproduzioni: con Cetra e Gianluca Arcopinto, il film di Sandro Dionisio “Un consiglio a Dio” (in concorso al Festival internazione del nuovo cinema di Pesano nel 2012), di cui Giacomo Fabbrocino ha curato il montaggio, e i documentari di Antonio Longo “Midnight Bingo” (vincitore nella Sezione autoproduzioni del Napoli Film Festival 2012) e il più recente “Ero un re” (selezionato all’ottava edizione della rassegna di cinema italiano 41esimo Parallello, sarà presentato il prossimo 13 dicembre a New York).

Scheda tecnica del documentario

“Christian Leperino. Landscapes of Memory / Paesaggi della memoria”

Durata: 26′ Formato di ripresa: HD

Produzione: Pigrecoemme (ITA 2013)

Con il contributo di MN Metropolitana di Napoli SpA

Regia: Giacomo Fabbrocino

Produzione esecutiva: Corrado Morra

Prodotto da: Giacomo Fabbrocino, Rosario Gallone, Christian Leperino, Corrado Morra

Fotografia: Fabio Farinaro

Montaggio: Giacomo Fabbrocino

Aiuto Regia: Antonio Longo

Assistenti alla Regia: Luca “Micione” Silvestre, Federico Cappabianca

Musica: Anton Mobin, Joesphine Muller, Ian Linter, Volcano The Bear

Operatori: Fabio Farinaro, Antonio Iodice, Giuliano Caprara, Giacomo Fabbrocino.

Landscapes of Memory al Museo Archeologico e poi al Festival del cinema di Roma

Nell’ambito della manifestazione del Ministero dei beni culturali Una notte al museo, sabato 26 ottobre, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (ore 21,00), sarà proiettato Landscapes of Memory / Paesaggi della Memoria, il video che, con la regia di Giacomo Fabbrocino, ha documentato la complessa installazione che l’artista Christian Leperino inaugurava il 21 giugno dello scorso anno, proprio all’Archeologico.

Alla proiezione del film, prodotto dalla Scuola di cinema Pigrecoemme, saranno presenti, insieme all’artista, il regista Giacomo Fabbrocino e il responsabile del Servizio educativo del Museo Marco De Gemmis.
L’evento di sabato segue di pochi giorni la prima del film, tenutasi con grande successo lo scorso 5 ottobre al Museo Madre.

Intanto, “Landscapes of Memory / Paesaggi della Memoria” è stato selezionato al Festival internazionale del film di Roma nella sezione Risonanze – Conversazioni video, dedicata alle arti visive. Il film sarà proiettato alla Casa dell’architettura di Roma il prossimo martedì 12 novembre, alle ore 18,30.

Scheda tecnica del documentario “Christian Leperino. Landscapes of Memory /  Paesaggi della memoria”

Durata: 26′ Formato di ripresa: HD
Produzione: Pigrecoemme (ITA 2013)
Con il contributo di MN Metropolitana di Napoli SpA
Regia: Giacomo Fabbrocino
Produzione esecutiva: Corrado Morra
Prodotto da: Giacomo Fabbrocino, Rosario Gallone, Christian Leperino, Corrado Morra
Fotografia: Fabio Farinaro
Montaggio: Giacomo Fabbrocino
Aiuto Regia: Antonio Longo
Assistenti alla Regia: Luca “Micione” Silvestre, Federico Cappabianca
Musica: Anton Mobin, Joesphine Muller, Ian Linter, Volcano The Bear
Operatori: Fabio Farinaro, Antonio Iodice, Giuliano Caprara, Giacomo Fabbrocino