10 registi italiani dimenticati

registi italiani dimenticati

Nonostante rivalutazioni, revival, convention, critici a volte fin troppo buoni, immaginaria reperibilità totale dei film, c’è ancora qualche nome sfuggito alla pubblicistica oppure considerato meno di quanto meriti l’eredità lasciata nella storia del nostro cinema. Ci pensiamo noi di Pigrecoemme a cercare di colmare qualche vuoto, ben consapevoli che i nomi siano più dei dieci indicati.

1 – Gianni Puccini

Cresciuto nella redazione della rivista Cinema, un po’ i nostri CahiersPuccini praticamente inaugurò il neorealismo cosceneggiando Ossessione di Luchino Visconti, ma come regista non fu mai granché considerato nonostante lo sguardo lucido sulla società del benessere fosse lo stesso di alcuni suoi illustri colleghi. L’attico, per esempio, è una parabola, forse meno amara e meno coraggiosa del capolavoro di Pietrangeli Io la conoscevo bene, sull’inganno del boom economico specie ai danni delle donne, ma non per questo da far cadere nell’oblìoL’impiegato, con ManfrediEleonora Rossi Drago, è un film da riscoprire.

https://www.youtube.com/watch?v=xaW7r6XG6tc

2 – Franco Rossi

Ultracelebrato per la sua Odissea televisiva con Bekim Fehmiu nei panni di UlisseGiuseppe Ungaretti ad introdurre ogni puntata leggendo versi del poema, Franco Rossi non è stato altrettanto (ri)valutato per i suoi lavori cinematografici che pure contano alcune regie di indubbio interesse, purtroppo dimenticate. Amici per la pelle (delicato racconto sull’infanzia e la crescita che avrebbe potuto girare Truffaut), Morte di un amico e l’introvabile Smog che anticipa il filone degli Italiani all’estero. Apprezzatissimo regista (in ombra) di film collettivi (diresse episodi per celebri commedie come ControsessoAlta infedeltàLe bambole complessiLe streghe, Capriccio all’italiana) non si fece mancare neanche uno dei migliori lavori con Terence & HillPorgi l’altra guancia.

3 – Franco Giraldi

Anche solo per la trasposizione di La giacca verde di Mario Soldati (con un sorprendente Renzo Montagnani), Franco Giraldi meriterebbe un posto in questa lista. Ma gli faremmo torto se non ricordassimo alcuni titoli interessanti, sebbene non riuscitissimi, coi quali mostrò (e quanto farebbe bene ai registi della neocommedia) la strada per uscire dalle convenzioni della commedia all’italiana che tanto aveva dato al nostro cinema, ma che mostrava la corda. Gli ordini sono ordini, per esempio, da un soggetto, tra gli altri, di Alberto Moravia, avvalendosi della prova di Monica Vitti, resta tuttora un lucido sguardo sulla condizione della donna che anticipa, a suo modo, Una donna tutta sola di Paul Mazursky.

4 – Michele Lupo

Curioso che nessuna rivalutazione del cinema di genere, tra omaggi a LenziBavaFredaFulci o finanche Renato Polselli, non abbia pensato di includervi Michele Lupo, uno dei registi più versatili del cinema di genere italiano. Sulla scia del successo di I sette uomini d’oro si distinse come regista di tre heist movie molto divertenti: Colpo maestro al servizio di Sua Maestà britannicail notevolissimo Sette volte sette ed il divertente Stanza 17-17 palazzo delle tasse, ufficio delle imposte, ma realizzò anche un pregevole giallo, tra ArgentoAgatha Christie, Concerto per pistola solista. Sul finire della carriera fu re degli incassi con alcuni Bud Spencer movie di culto, Lo chiamavano BulldozerBomber.

5 – Marco Vicario

Secondo Carlo MirraGiorgio Giuliani (nel loro Lupin III. Storia e mito del ladro gentiluomo, edito da Castelvecchi), il personaggio creato da Monkey Punch nel 1967 dovrebbe molto a questo film di grande successo internazionale (solo in Italia incassò l’equivalente, senza contare l’inflazione, di 11 milioni di euro attuali). Sicuramente, Vicario non è mai stato celebrato abbastanza (o, comunque, meno di altri registi che non sono stati così seminali) per questa originalissima (ed italianissima) variazione sul cosiddetto heist movie di cui diresse anche il sequelIl grande colpo dei sette uomini d’oro. Successivamente, sempre suoi sono due pregevoli adattamenti letterari, da Vitaliano Brancati (Paolo il caldo) e da Piero Chiara (Il cappotto di Astrakan).

6 – Giorgio Capitani

Ancora attivo in tv, il quasi ottantenne regista ha inanellato una serie di commedie ormai di culto, nei ’70, in particolare quelle con protagonista Enrico Montesano (Pane, burro e marmellataAragosta a colazione – con una catastrofica scena in un bagno paragonabile a quella di Hollywood Party – e Odio le bionde), nelle quali emerge un certo gusto per gli equivoci tipico della pochade (d’altronde Capitani nasce a Parigià la Feydeau.

7 – Flavio Mogherini

Celebre scenografo (anche per il Pasolini di Accattone Mamma Roma e per il Bava di Diabolik), negli anni ’70 si ritagliò uno spazio come regista di pellicole originali e personali fin dal suo esordio Anche se volessi lavorare che faccio?. Ha fatto esordire Renato Pozzetto in Per amare Ofelia (dirigendolo pure nel successivo ed altrettanto curioso Paolo Barca maestro elementare, praticamente nudista) e ha diretto anche un degnissimo giallo, La ragazza dal pigiama giallo. Verso la fine della carriera, suo è il desaparecido Sbirulino.

8 – Luciano Ercoli

Non molto prolifico, Ercoli ha comunque lasciato il segno nello spaghetti-thriller con il trittico Le foto proibite di una signora perbene in cui fece esordire come protagonista Dagmar LassanderLa morte cammina coi tacchi altiLa morte accarezza a mezzanotte entrambi con la moglie Susan Scott. L’ultimo film da lui diretto è una variazione sui “soliti ignoti” molto divertente, anche se sfortunata produttivamente: La bidonata.

9 – Romolo Guerrieri

Ha spaziato dallo spaghetti western (Johnny Yuma) al giallo (La controfigura) passando per il protopoliziottesco (La polizia è al servizio del cittadino?Un uomo, una città) e concedendosi anche un inusuale, per il panorama italiano, hard boiled (Un detective). Ha diretto anche le arboriane sorelle Bandiera (L’importante è non farsi notare) e Lory Del Santo (La gorilla).

10 – Pasquale Festa Campanile

Crediamo sinceramente che Pasquale Festa Campanile non abbia mai ricevuto gli onori che meritava. Ad oggi, su di lui esiste solo una pubblicazione (Pasquale Festa Campanile ovvero La sindrome di Matusalemme di Andrea Pergolari, edita da Aracne) nella cui prefazione (di Ottavio Jemma) leggiamo: “Rispetto al clima culturale del cinema italiano negli anni Sessanta,Settanta e Ottanta, un cinema letteralmente affollato di falsi ribelli, Pasquale Festa Campanile è stato un ribelle forse inconsapevole, ma autentico“. Anche scrittore (da suoi libri fu tratto il fortunato ciclo sulla “nonna Sabella” e lui stesso traspose per il grande schermo i suoi romanzi Conviene far bene l’amore Il ladrone), Festa Campanile fu uno dei pochi a deviare presto dalla commedia regionalistica (che pure aveva contribuito a creare come sceneggiatore e salvo recuperarla nel 1979 col dimenticato Gegè Bellavita) in favore di sophisticated comedyscrewball di matrice internazionale (Adulterio all’italianaIl marito è mio e l’ammazzo quando mi pareLa matriarcaCome perdere una moglie e trovare un’amante) o di drammi ad alto tasso erotico (Scacco alla regina). Ha diretto anche uno dei migliori film col solo Bud Spencer (Il soldato di ventura) ed un anomalo thriller quale Autostop rosso sangue.

 

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