Un corso gratuito sul cinema espressionista

corso di cinema gratuito sull'espressionismo

Parte lunedì 12 settembre 2016 un percorso di studi dedicato al cinema espressionista ed alle sue influenze sul cinema di ogni tempo e luogo.

Organizzato dalla Scuola di cinema Pigrecoemme in collaborazione con la FICC – Federazione italiana dei circoli del cinema, il corso è completamente gratuito e prevede quattro lezioni, a cura di Vincenzo Esposito, tra i maggiori esperti di cinema scandinavo in Italia, docente di Teoria e analisi del cinema all’Accademia di Belle Arti di Napoli e direttore dell’Italienska Filmfestivalen di Stoccolma, con un intervento, sul krimi tedesco degli anni ‘60, a cura di Rosario Gallone.

Come iscriversi

Il corso è gratuito, i posti a disposizione sono 30 e, per partecipare, è necessario iscriversi presso la sede della Scuola di cinema Pigrecoemme di Napoli (piazza Portanova, 11). C’è tempo fino al 28 luglio e dal 1° settembre fino a esaurimento dei posti, dal lunedì al venerdì, dalle 10:30 alle 13:30 e dalle 15:00 alle 17:30.

Il calendario

Le lezioni si terranno nella saletta proiezioni della Pigrecoemme, dalle ore 15:00 alle 18:30, col seguente calendario:

  • 12 settembre 2016
  • 14 settembre 2016
  • 19 settembre 2016
  • 21 settembre 2016
  • 26 settembre 2016

I temi, le suggestioni

L’Espressionismo è uno stile, un atteggiamento dello spirito, una poetica, una scuola ristretta, un movimento spirituale, una tendenza, una “visione del mondo”. L’espressionismo è l’espressione formale di un contenuto, un modo di rappresentare attraverso le forme, di creare segni nel seno stesso dell’immagine, un’estetica in cui gli elementi del profilmico partecipano attivamente alla rivelazione del significato simbolico di un contenuto. Gli incontri in programma tratteranno delle origini dell’Espressionismo nel cinema danese degli anni ’10, della sua massima realizzazione nel cinema tedesco del periodo di Weimar e del suo trasformarsi in tendenza estetica, in indirizzo stilistico che, come tale, si ritrova in cinematografie e in film i più disparati.

In particolare, oltre ai film trattati durante le lezioni, si porrà l’attenzione su quattro opere: La donna del ritratto (Fritz Lang, 1944), L’infanzia di Ivan (Andrej Tarkovskij, 1962),  La ragazza che sapeva troppo (Mario Bava, 1963) e Delitti e segreti (Steven Soderbergh, 1991).

 

Quadri da un’esposizione. Conflitti tra cinema e pittura in 10 film

quadriIl cinema è la proiezione del mondo, ombra di una falsa memoria, particolare fuorviante, qui pro quo dell’oggetto. E nulla è più oggetto dell’oggetto d’arte, che vive solo nel momento in cui lo si vede, ossia facendolo oggetto della visione, che è poi la prassi del cinema.
È Béla Balázs ad aver scritto, nel suo celebre Il film, che «Gli oggetti d’arte – in quanto elementi di vita – possono trasformarsi in materia creativa dinanzi alla macchina da presa. La macchina ha in questo caso il tremendo compito di sovrapporre all’espressione già esistente dell’opera d’arte una nuova espressione: la commozione dell’osservatore». Il cinema come strumento privilegiato di commozione, dal Novecento fino a oggi, allora?
Eppure, in un certo senso, il cinema (e quella sua precisa capacità di commuovere) era già nei vetri dipinti della lanterna magica, ma ora, ritornando agli oggetti d’arte, e in particolare alla pittura, a dar credito a Plinio il vecchio (come ci ricorda Victor I. Stoichita, il cui Breve storia dell’ombra dovrebbe essere obbligatoria sin dalle scuole primarie, altro che i sussidiari di una volta!), il primo ritratto dipinto sarebbe nato, nel disegno compiuto da una donna, seguendo il profilo dell’ombra dell’amato, che l’indomani sarebbe partito per la guerra. Proiezione ortogonale di chi essendoci annuncia di non esserci più, la pittura nascerebbe, dunque, come traccia dell’assenza e della morte. Esercizio apotropaico, essa scongiura ed esorcizza l’estrema dipartita proprio nel segno fumoso della proiezione, nell’ornato incerto dell’ombra, con una prassi che, in seguito, sarà in sostanza quella del cinema. E il cinema, infatti, non è precisamente il racconto di ciò che non è più e la tensione verso ciò che non è ancora?

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L’ospite inatteso. 10 film sull’identità

ospitePresentata nel 2012 nell’ambito della rassegna Storia permanente del cinema al PAN di Napoli, in un ciclo di proiezioni dal titolo “L’ospite inatteso”, questa rosa di film, leggermente ampliata (ed evidentemente ancora parziale: la lista parte volutamente dagli anni Settanta), viene ora riproposta quale piccolo contributo per stabilire (ci si perdoni l’ossimoro) qualche spiazzante coordinata affinché ci si muova con frutto nella potente capacità che il cinema ha di illuminare (non a caso linguaggio di luce, il suo) le zone più buie e impervie della nostra, sovente terrorizzante, identità (e il discorso sull’identità è sempre anche un discorso politico). Perché il vero “ospite inatteso”, rimbaudianamente, siamo noi stessi.
Il cinema come soglia perturbante del nostro svelamento profondo, allora, ombra dell’Altro, luogo prediletto dell’Unheimlich, messa in scena dei propri fantasmi. E poi – assumendo sempre come nume tutelare il chiarificatore libro di Siegbert Salomon Prawer I Figli del Dottor Caligari –, che senso ha mai parlare di cinema (di tutto il cinema!) se non lo si legge come il più coinvolgente e pur devastante “racconto del terrore” che possa mai riguardarci? 

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Un corso gratuito sul cinema di Bergman

bergman

Parte lunedì 14 settembre 2015, un percorso di studi, dedicato a Ingmar Bergman, dal titolo Il cinema dell’istante.
Organizzato da Pigrecoemme in collaborazione con la FICC – Federazione italiana dei circoli del cinema, il corso è completamente gratuito e prevede otto lezioni, a cura di Vincenzo Esposito, tra i maggiori esperti di cinema scandinavo in Italia e direttore dell’Italienska Filmfestivalen di Stoccolma, con un intervento, sull’eredità cinematografica e culturale lasciata dal maestro svedese, a cura di Corrado Morra.
I posti a disposizione sono 30 e, per partecipare, è necessario iscriversi presso la sede della Scuola di cinema Pigrecoemme di Napoli (piazza Portanova, 11). C’è tempo fino al 31 lugliodal 1° settembre fino a esaurimento dei posti, dal lunedì al venerdì, dalle ore 10:30 alle 13:30 e dalle 15:00 alle 17:30.

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E la chiamano estate

estateEstate. Spiagge, mare, sole. E divertimento. Ma siamo sicuri che sia sempre così?
Subito dopo i reality di surviving, è stato Lost, una serie TV (non a caso il termometro più sensibile della necessità di epos della nostra contemporaneità), che, dal 2004 al 2010, sotto l’illuminato showrunning di J.J. Abrams, ha fornito il disegno più chiaro dell’alea inderogabilmente ambigua della spiaggia (e la sua eco nella recente e fortunata “Trilogia dell’Area X” di Jeff VanderMeer ci dice forse di quanto il prototipo – tramite l’obbligatorio L’arte di sopravvivere di Stephen King – continui a funzionare).
Spazio liminale tra la terra e il mare, dal contorno sempre mutevole e incerto, la spiaggia è luogo concettuale per eccellenza, inabitabile e ostile, difficilmente conformabile alle esigenze antropiche, che solo l’economia della dittatura della villeggiatura ha reinventato come spazio di edenico edonismo di massa.
Ma la spiaggia, come il mare, suo alleato e nemico, resta atopos ostile e impervio che, fuori della mitologia del divertimento forzato, è perfetta metafora della caducità della condizione umana: nudo e indifeso, sulla battigia della sua finitezza, l’uomo è lì insicuro e fragile, sospeso tra la frana della sabbia e dei ciottoli e il risucchio delle onde.
Il cinema ha spesso raccontato l’ambiguità ombrosa di questo spazio, vero diorama dell’atavico confronto-scontro tra uomo e natura.
Di seguito, in occasione delle vacanze estive e prima di ripartire in autunno con i nostri nuovi corsi di cinema, ecco una lista, come sempre assolutamente parziale e migliorabile, di dieci titoli (qualcuno facile, qualcun altro meno diretto, con qualche imperdonabile assenza, almeno ne Il raggio verde di Éric Rohmer e Le due verità di Paul Schrader), in cui la spiaggia, il mare e il sole assumono, fuori della vulgata del “tunnel del divertimento”, i connotati luminosi di vere e proprie epifanie per sconcertanti (e scottanti) rivelazioni.

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