Non sarà elegante dirselo da soli e, forse, suonerà pure un po’ naif. Ma ritrovarsi sulla rivista Rolling Stone, per uno come me che il primo numero di Rolling Stone italiano, in una precedente e meno fortunata incarnazione editoriale, l’ha comprato giusto trent’anni fa (copertina vendittiana e il Massarini pre-Mister Fantasy a fare da anfitrione), se non è l’obiettivo di una vita, è per lo meno motivo di indelebile vanto. Esserci poi coi modi e i toni evocati, su quelle pagine, da Raffaella Giancristofaro, be’, è qualcosa che va molto vicino a uno stato di leggera esaltazione. Roba da re per un giorno, insomma.
E questo per dirvi del giubilo con cui abbiamo accolto, dopo quella su Film TV, la recensione della Giancristofaro del volume sui rapporti tra la settima arte e la pop music Rock Around the Screen, a cui, come saprete, i docenti di Pigrecoemme hanno contribuito con diversi interventi.
La recensione – che potete leggere qui accanto – è fin troppo eloquente nell’elogiare il lavoro e, a questo punto, a quella semplicemente vi rimando.
Ma, mi raccomando, insieme al libro (i ventiquattro euro e mezzo meglio spesi da quando esiste l’euro), procuratevi anche la copia di Rolling Stone in edicola. Gran numero, con quadrupla copertina lisergica e, tra le tante cose interessanti, un gran bell’articolo sulla fine di Beatles. E ditemi voi se è poco.
film tv
Su Film TV, la recensione di Rock Around the Screen
Nel numero in edicola del benemerito Film TV, unico settimanale di cinema in Italia, potrete leggere la recensione, firmata da Mauro Gervasini, del libro Rock Around The Screen, volume a cura di Vincenzo Esposito e Diego Del Pozzo che, come probabilmente saprete, indaga i rapporti tra cinema e musica pop. La collettanea, che comprende tre saggi di docenti della scuola di cinema Pigrecoemme (quello di Rosario Gallone sul mockumentary, quello di Giacomo Fabbrocino sulla Rock Opera e quello di chi scrive su Bowie e il corpo della rock star nel cinema), è accolta, sulle pagine del prestigioso settimanale, senza mezzi termini con entusiasmo. La cosa, va da sé, non può che farci un immenso piacere e, ancor più, in quanto, parole di lode particolare, insieme ad Arcagni, Maiello e Castellano (a proposito, imperdibile la recensione di quest’ultimo su Film TV dell’aborto cinematografico del secolo, ovvero del post-trash “Un camorrista perbene” di Enzo Acri), Gervasini le riserva al lavoro del nostro Gallone. Lodi a cui aggiungo le mie, convinto come sono che il saggio di Rosario colmi un vuoto nella letteratura sull’argomento: trascuratissima, fino ad ora, era infatti l’analisi della parodia nel mondo, invero sovente seriosissimo, del rock. Cosa a cui, via Rutles e Spinal Tap, Gallone pone rimedio. E, inevitabilmente, in maniera spassosissima.