Non sarà elegante dirselo da soli e, forse, suonerà pure un po’ naif. Ma ritrovarsi sulla rivista Rolling Stone, per uno come me che il primo numero di Rolling Stone italiano, in una precedente e meno fortunata incarnazione editoriale, l’ha comprato giusto trent’anni fa (copertina vendittiana e il Massarini pre-Mister Fantasy a fare da anfitrione), se non è l’obiettivo di una vita, è per lo meno motivo di indelebile vanto. Esserci poi coi modi e i toni evocati, su quelle pagine, da Raffaella Giancristofaro, be’, è qualcosa che va molto vicino a uno stato di leggera esaltazione. Roba da re per un giorno, insomma.
E questo per dirvi del giubilo con cui abbiamo accolto, dopo quella su Film TV, la recensione della Giancristofaro del volume sui rapporti tra la settima arte e la pop music Rock Around the Screen, a cui, come saprete, i docenti di Pigrecoemme hanno contribuito con diversi interventi.
La recensione – che potete leggere qui accanto – è fin troppo eloquente nell’elogiare il lavoro e, a questo punto, a quella semplicemente vi rimando.
Ma, mi raccomando, insieme al libro (i ventiquattro euro e mezzo meglio spesi da quando esiste l’euro), procuratevi anche la copia di Rolling Stone in edicola. Gran numero, con quadrupla copertina lisergica e, tra le tante cose interessanti, un gran bell’articolo sulla fine di Beatles. E ditemi voi se è poco.