Paradossi temporali in 10 film – di Giovanni Masturzo


Il giorno in cui le allucinate elucubrazioni di Emmett “Doc” Brown ci fecero urlare Grande Giove, immaginammo il tempo come una linea retta – inarrestabile – destinata a generare nuove semirette se alterata da un episodio, un “imprevisto”, che soltanto un uomo in grado di viaggiare nel tempo avrebbe potuto causare; ergo la possibilità di procreare un tot di nuovi universi pari al numero di eventi scatenanti.
E pensare che appena un anno prima, il 1984, James Cameron aveva portato al cinema – sotto le nerborute sembianze di Schwarzy – un concetto diametralmente opposto. Non esistono succursali spaziotemporali, universi (semi)paralleli, la linea del tempo è unica: modificare un avvenimento del passato ha conseguenze sulla medesima timeline. Il paradosso allestito dalla saga di Terminator è riconducibile a un ancestrale quesito: è nato prima l’uovo o la gallina?
Partendo da questi due interessanti presupposti ecco dieci film che, nel recente passato, hanno affrontato il tema in modo originale.

1 – Time Lapse di Bradley D. King
L’idea di partenza è geniale. Dopo la morte del proprio dirimpettaio, tre ragazzi scoprono che l’uomo – un rubizzo scienziato – ha inventato una macchina fotografica in grado di scattare istantanee raffiguranti il futuro, esattamente 24 ore dopo. I nostri protagonisti non esitano ad approfittarne nel nome del vil denaro. Ma si sa: armeggiare col destino è come scherzare col fuoco, ci si fa male, e tanto. Al di là del già celebrato spunto iniziale, l’opera gioca su un doppio paradosso: i tre ragazzi, consci del proprio immediato futuro, interferiscono in qualsiasi modo pur di farlo accadere. Geniale, no?

2 – Arrival di Denis Villeneuve
Se siete stanchi dei soliti alieni pronti a parcheggiare la navicella a Central Park e scatenare l’inferno senza valida motivazione, ecco giungere in soccorso l’opera di Denis Villeneuve; pura fantascienza filosofica. Due esseri eptapodi – giunti da chissà dove – comunicano in una lingua composta da strane forme, dove singoli simboli sono alla stregua di interi concetti. All’esperta linguista Louise l’onere di vestire i panni di intermediaria col genere umano.
Ok, interessante, ma cosa c’entra tutto questo con i paradossi temporali? Tanto, troppo. Il climax del film va dipanandosi proprio su un paradosso causa-effetto: Louise salva capre e cavoli sussurrando all’orecchio del generale cinese una frase che ascolterà soltanto nel futuro. Com’è possibile? Chiedetelo al Kyle Reese di Terminator; il figlio John Connor lo manda indietro nel tempo causando involontariamente la sua nascita.

3 – Interstellar di Christopher Nolan
Il paradosso appena citato in Arrival, e alla base del capolavoro di James Cameron, è definito dai più “ontologico”, ma in realtà ha un nome preciso: Bootstrap Paradox. Tra gli ultimi a restare soggiogati dall’affascinante – e (purtroppo) inesplicabile questione – Christopher Nolan. Sorvolando sulla spaccatura tracciata dal regista inglese – da una parte detrattori interpretati da addetti ai lavori (parliamo delle svariate incongruenze riguardanti i wormholes) e dall’altro milioni di esseri umani rei di amare il cinema – il film presenta ambizioni elevatissime che tocca rami scientifici quanto etici. E il paradosso, al centro della nostra playlist, giunge in uno dei momenti più toccanti del recente passato su grande schermo: il Cooper di McConaughey, bloccato in un tesseratto (un cubo associabile alla quinta dimensione), spedisce dei messaggi a sua figlia nel passato, alterando così il suo stesso futuro. Pura poesia.

4 – Predestination di Michael e Peter Spierig
Se c’è un film post-duemila che necessiti di una seconda lettura è senza ombra di dubbio l’arzigogolato Predestination. In questo caso il viaggio nel tempo è l’unico mezzo a disposizione dell’agente Ethan Hawke per beccare un misterioso dinamitardo, futuro artefice di una strage a New York. Tra continui andirivieni temporali, capiremo che il tema della cattura rappresenta un mero contesto sul quale tessere un percorso ben più articolato, con un risvolto umano alquanto coraggioso. Il plot twist sembra sin troppo annunciato, ma ciò non priva il lavoro di un fascino rétro che, sapientemente miscelato a venature noir, lo conduce in maniera ammiccante dalle parti di Blade Runner.

5 – Edge of Tomorrow di Doug Liman
Tra i più affini alla struttura narrativa di Ricomincio da capo, il film di Doug Liman vede Tom Cruise nei panni di William Cage, Maggiore (alquanto imbranato) dell’esercito spedito in missione per salvare il pianeta da una minaccia extraterrestre. Ciò che ignora Cage è che – una volta maciullato dagli alieni – la sua esistenza riparte dall’inizio della missione. Se il protocollo sembra il consueto, con il protagonista che si evolve elaborando le esperienze passate, il tono ironico di questo blockbuster – supportato dalla frizzante chimica imbastita tra Cruise e la Blunt – conduce l’intero impianto nel campo di un simpatico ma originale citazionismo, mirato a prendersi spudoratamente gioco dei rodati canovacci hollywoodiani.

6 – Triangle di Christopher Smith
La vacanza in barca, di una combriccola di amici, sfocia nel dramma quando una tempesta elettrica manda l’imbarcazione alla deriva. Chetatesi le acque, i sopravvissuti avvistano una nave da crociera sulla quale non esitano a salire. Una volta a bordo, si accorgono prima di esser (forse) soli, poi di ritrovarsi in una sorta di refrain temporale.
Triangle, come suggerisce il titolo, è un film dove le forme geometriche svolgono un ruolo di spicco: il triangolo (non solo quello arcano delle Bermude dov’è ambientato il racconto) come rappresentazione simmetrica del numero perfetto, e figura perfettamente inscrivibile in un cerchio. E il film di Christopher Smith cos’è se non un anello, un cerchio, dove incipit ed epilogo si trovano a combaciare perfettamente? Mezzo flop al botteghino e mai distribuito in Italia, l’ingegnoso rompicapo del regista di Severance reclama un doveroso recupero.

7 – Source Code di Duncan Jones
Otto minuti a disposizione per scovare – a bordo di un treno – l’identità di un attentatore pronto a causare un imminente massacro. Questo il loop in cui è catapultato il capitano Colter Stevens, inizialmente ignaro del suo incarico e poi destinato a compiere scelte assolutamente ostiche dal punto di vista umano, per un happy end tutt’altro che happy. Source Code è fantascienza stimolante che strizza l’occhio a uno dei capisaldi dei videogames (il punto di ripartenza come checkpoint di salvataggio), in grado di sottolineare come il talento autoriale del figlio di David Bowie – se applicato a una cinema mainstream – possa partorire prodotti intelligenti. Seppur il recente Mute faccia pensare il contrario.

8 – Looper di Rian Johnson
2074: il viaggio nel tempo è una solida realtà, peccato sia assolutamente illegale. Ciò non scoraggia un’associazione criminale che, al fine di non lasciare tracce, spedisce indietro nel tempo elementi ritenuti scomodi. Ad attenderli nel 2044 troveranno il cinico grilletto di un killer professionista, un “looper” che si occuperà poi di far sparire il cadavere. Ma – e quando si parla di viaggi nel tempo c’è sempre un ma – quest’ultimo (un Joseph Gordon Levitt mascellone) si ritroverà dinanzi un giorno il se stesso del futuro; avrà il coraggio di ucciderlo? Tale cliffhanger rappresenta soltanto il principio di una catena di eventi che avrà ripercussioni su due piani temporali. Se la sceneggiatura zoppica nella parte centrale dove vive di un inutile sovraccarico, il sottovalutato film di Rian Johnson – per chi scrive – avrebbe meritato nel tempo echi maggiori. A questo punto, speriamo possa essere il futuro a rimediare.

9 – Plus One di Dennis Iliadis
David ha l’occasione di farsi perdonare dalla propria fidanzata partecipando a un gigantesco party, organizzato da un proprio amico. Nel frattempo in città piomba un meteorite che causa una serie di cortocircuiti temporali; presente e recente passato iniziano a fondersi, accavallarsi, e gli invitati si ritrovano dinanzi ai propri doppioni. Ne scaturisce un inquietante gioco al massacro dove – al fine di tutelare (e migliorare) il proprio futuro – i protagonisti non esiteranno a lasciarsi andare ai gesti più abbietti.
Fantascienza e commedia adolescenziale si fondono nell’insolito prodotto di Denis Iliadis (sugli scudi nel 2009 per l’ottimo remake di L’ultima casa a sinistra). Simpatico, a volte sfasato, il film del cineasta greco appare fuori di testa ma non avulso da quesiti che a tratti sfiorano dilemmi esistenziali: saremmo disposti a ucciderci pur di raggiungere i nostri obiettivi?

10 – Primer di Shane Carruth
E giungiamo infine a Primer, tra i citati sicuramente il film che affronta con maggiore rigore scientifico (se così si può dire) il tema del viaggio nel tempo e dei suoi relativi paradossi. Costato appena 7000 dollari, l’opera prima di Shane Carruth narra le gesta di due giovani ingegneri che realizzano, in modo quasi casuale, una macchina del tempo. E come buon senso impone, tale scoperta ha quale unico scopo la pecunia: viaggiare nel passato per poter anticipare le giocate in borsa. Le novità di Primer risiedono in alcune scelte narrative che trasmettono un’allettante coerenza di fondo. I due protagonisti costruiscono una scatola del tempo che li può condurre soltanto al momento in cui la macchina è stata attivata la prima volta, quindi dimenticate escursioni nel medioevo o pirotecnici viaggi nel quarto millennio. Quando c’è da spostarsi nel recentissimo passato è molto più semplice combinare sfaceli; questo il prezioso lascito di Primer.

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