10 film da vedere sui player on line

Le polemiche autorevoli tra pro e contro Netflix in quel di Cannes (Pedro AlmodóvarChristopher Nolan contro, Martin Scorsese, cui Netflix ha prodotto il prossimo film, a favore) lasciano, o lasceranno, davvero il tempo che trovano. Specialmente qui in Italia dove la sala non è più, già da tempo, il luogo privilegiato per certe visioni difficili, di nicchia, d’essai. C’è un problema di distribuzione e di copie. Alcuni film di cui leggiamo o non vengono distribuiti o vengono distribuiti in talmente poche copie che in alcuni centri è impossibile vederli. Inutile girarci intorno: i player on line spesso colmano questo vuoto. Netflix non produrrà forse capolavori, ma rende disponibili alcuni titoli impossibili da reperire altrove. E anche se le pellicole Amazon godono di passaggi in sala (si pensi a Manchester by the Sea) questo non significa che questo passaggio ci sia in ogni paese, ma su Amazon Prime Video sì. Vi segnaliamo dieci titoli che potete vedere on line del tutto legalmente.

1 – A Ciambra di Jonas Carpignanoi 

A Ciambra può far pensare inizialmente a Jean Rouch dato l’approccio da documentario etnoantropologico (e che una comunità come quella ROM insediata a Gioia Tauro sembri esotica deve costringere a porci delle domande) con cui il regista narra l’ambiente, ma poi Jonas Carpignano mostra di saper essere anche stiloso come il Cary Fukunaga di Sin Nombre (la scena onirica col cavallo). I protagonisti recitano (?) sé stessi, come del resto nell’esordio. In fondo, però, si tratta di un doloroso bildungsroman in cui il protagonista entra nel mondo degli adulti attraverso il tradimento e la scoperta che, in determinati contesti, l’amicizia va sacrificata per la famiglia. Se ne capisce, a questo punto, la produzione esecutiva di Scorsese. Lo trovate su Netflix.

2 – Swiss Army Man dei Daniels

Si fa fatica ad entrare in Swiss Army Man. Stante la bizarrìa dell’assunto, per i primi trenta minuti temi che sia tutto lì e ti chiedi perché non ne abbiano fatto un cortometraggio. Poi, però, diventa un bromance, una favola sulla solitudine che ha molto in comune con lo splendido Castaway on the Moon. E la commozione è garantita. Su Netflix.

3 – Chi-Raq di Spike Lee

Spike Lee non va per il sottile. Ama la didascalia, la denuncia urlata e non sempre i suoi film ne escono indenni. Anche in Chi-Raq c’è la didascalia (Samuel L. Jackson, menestrello/coro dell’opera, rivela subito che vedremo una versione della Lisistrata di Aristofane, nell’ultima scena, che cita l’incipit di Patton, trae anche la morale) e la denuncia sottolineata fin dall’inizio. C’è anche umorismo di grana grossa (il comandante della Guardia Nazionale sembra uscito da una pellicola di Russ Meyer), ma in questo film, che eccede, deborda, Spike Lee ci ha messo il cuore. Lo si avverte nel sermone di Padre Mike, condotto sul filo della retorica, ma sincero, arrabbiato e addolorato, nella marcia simbolica sul ponte di Selma. E Lee non fa sconti a nessuno: alla NRA come ai fratelli neri, alle banche che non concedono prestiti ai poveri come agli afroamericani che pensano più ai soldi e alla reputazione che alle vite degli esseri umani. Con tutti i suoi difetti, Chi-Raq è forse un film necessario. Perché la distanza, il distacco dell’ironia non sempre consentono di raggiungere uno scopo. A volte occorre la parzialità di una sincera indignazione. Su Amazon Prime Video

4 – Good Time di Ben e Joshua Safdie

Il manifesto potrebbe far pensare a qualcosa tipo Fuori orario. La rapina è presa da Prendi i soldi e scappa. Ma Good Time non fa ridere. È un racconto di individui ai margini che vogliono così tanto un posto nel mondo da provarci in tutti i modi. Non fanno ridere, fanno tenerezza. I Safdie Brothers girano un crime into the night come forse solo il Cassavetes neorealista. Pattinson bravissimo. Su Netflix.

5 – Yoga Hosers di Kevin Smith

In questo spin-off di Tusk sono così insistite le frecciate ai critici da non poter non pensare che Kevin Smith non abbia mandato giù le stroncature che spesso gli hanno riservato. Certo, per farlo ha scelto la più scombiccherata delle sue regie. Yoga Hosers sembra una di quelle storie venute fuori da una serata tanto alcolica con gli amici in cui si è giocato a chi la diceva più grossa: satanisti canadesi, nazisti, bratwurst nazisti con la divisa delle giubbe rosse come Umpa Lumpa, uno scienziato pazzo e il suo Golem di carne rappresentante un giocatore di hockey. È chiaro che di fronte ad una simile goliardata o siete partecipi dell’humour o la cosa vi repellerà. Ma la critica sarebbe esercizio sterile.

6 – Junun di P.T.Anderson

Tra Vizio di forma e Il filo nascosto, Paul Thomas Anderson ha seguito in India nel febbraio 2015, il chitarrista dei Radiohead Jonny Greenwood per un progetto musicale col musicista israeliano Shye Ben Tzur e i Rajasthan Express, un gruppo di musicisti indiani. Il progetto è stato finanziato grazie all’aiuto del produttore della band di Thom Yorke, Nigel Godrich. Junun, titolo dell’album e del documentario, è una parentesi di libertà del regista di Il petroliere, tanto da firmarlo solo come operatore insieme con lo stesso Godrich e altri (tra cui la moglie di Greenwood). Una testimonianza nuda e cruda che non cerca di sovrastare con la forma la musica. Una parentesi di libertà anche per Greenwood alle prese con una registrazione non afflitto dalla promozione, dalle copie da vendere. Libertà ben rappresentata dagli uccelli che entrano nella stanza dove suonano o dai falchi che volano sul forte. Anche il POV a volte vola grazie a un drone di quelli giocattolo. Libertà dallo stile, perché Anderson si permette il lusso di seguire le registrazioni senza l’obbligo della bella inquadratura o del movimento perfetto. Il film del resto comincia con una reiterata e imperfetta panoramica a 360 gradi col fuoco automatico.
Lo trovate in noleggio su MUBI a € 2,99.

7 – Colossal di Nacho Vigalondo

Una farfalla batte le ali in Brasile e provoca un terremoto in Texas. Questo sostiene la teoria del caos. E di caos, nella testa, Gloria ne ha tanto. Lei beve nel suo paese d’origine e un kaiju devasta Seul. Dopo Open Windows che pareva una specie di divertissement fine a se stesso, Nacho Vigalondo recupera il gusto per una fantacoscienza che era anche in Los cronoscrimenes e Extrarrestre e, forse, fa anche di più. Maschera da monster movie quel che, in fondo, è un racconto sull’autodeterminazione femminile. Con una sorprendente Anne Hathaway.

8 – Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma di Jean-Luc Godard

Nel 1986 Godard viene ingaggiato per un adattamento televisivo di Il tarlo del sospetto di James Hadley Chase per la Série Noire di TF1. Godard realizza, a suo modo, Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma, un’opera che riflette sul cinema, la televisione, l’industria, l’arte (“Non è questo, il cinema. Pensavo fosse un’arte“). I personaggi hanno nomi inequivocabilmente cinematografici: il regista si chiama Gaspard Bazin e afferma di essere nipote di Mauritz Stiller, colui che scoprì Greta Garbo e la rese diva; il produttore Jean Almereyda detto Jean Vigo ed è impersonato da Jean-Pierre Mocky a sua volta regista, ma soprattutto proprietario del Brady una sala che fece della programmazione e dell’umanità che la frequentava, entrambe borderline, la sua cifra, come ben narrato da Jacques Thorens che ne fu proiezionista. Inutile aspettarsi una trama, che pur c’è, sviluppata in modo classico. In Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma c’è sperimentazione, gioco, linguistico e artistico, metacinema, disillusione. Trasmesso il 24 maggio del 1986, se ne era persa traccia fino al restauro e alla ridistribuzione da parte della Capricci, società che prende il nome dal film di Carmelo Bene, nel 2014. Ora è visibile su MUBI.

9 – Anon di Andrew Niccol

In fondo Andrew Niccol ha cominciato a riflettere sulle aporie dei nuovi media ben prima di Charlie Brooker. The Truman Show è di molto antecedente Dead Set, come Gattaca e S1mOne precedono Black Mirror. A volte lo spunto di riflessione è più interessante della messa in scena, come nel penultimo Good Kill. Anche Anon, sebbene si presenti come un b movie stile Kurt Wimmer che raccatta un po’ da Minority Report e un po’ da Strange Days, tiene bene fino a un certo punto poi la necessità di sciogliere l’intreccio danneggia lo sviluppo. Però quanti temi attraversati: l’anonimato come nemico di una società della sovraesposizione, la manipo/labilità del digitale rispetto all’analogico e la conseguente inaffidabilità dello sguardo e della testimonianza oculare. A margine, una riflessione metacinematografica non nuova, ma per nulla datata: l’impossibilità di un’identificazione secondaria dell’osservatore sulla base della soggettiva. La soggettiva lascia fuori campo il soggetto con cui identificarsi ed è per questo che a usarla bene e con profitto sono solo gli assassini. Su Netflix.

10 – Last Flag Flying di Richard Linklater

Non so chi abbia scritto la scheda di Wikipedia, ma di certo Last Flag Flying non è il sequel di L’ultima corvè. Sono tratti da romanzi scritti entrambi da Daryl Ponicsan e hanno dei marines come protagonisti, magari i personaggi di Somawsky e Mulhall, interpretati da Jack Nicholson e Otis Young, richiamano quelli impersonati da Bryan Cranston e Larry Fishburne mentre sia il personaggio di Randy Quaid che quello di Steve Carell si chiama Larry ed è un po’ un “Candide“. E mentre il primo, scritto da Robert Towne e diretto da Hal Ashby, viveva degli umori dell’epoca, la disillusione, la ribellione, Last Flag Flying Richard Linklater se lo è cucito addosso e ne tira fuori un ulteriore capitolo della sua riflessione filmica sul tempo e sul rapporto tra passato e presente. La storia (il Vietnam e la seconda Guerra del Golfo) sembra ripetersi, ma sono gli uomini che la vivono ad essere diversi mentre quelli che la fanno saranno sempre gli stessi stupidi. E chi fa effettivamente grande un Paese: gli uomini che ogni giorno lottano per sopravvivere credendo in qualcosa, sforzandosi di mantenere un senso di appartenenza o chi tutte queste cose le calpesta per meri interessi economici?
Siamo l’unica forza occupante che pretende anche di essere ben accetta” dice Cranston.
Steve Carell è un attore semplicemente strepitoso. Su Amazon Prime Video.

 

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