La bellezza del diavolo è forse il titolo più utilizzato nelle trasposizioni del Faust gothiano. Così è intitolato un film di Renè Clair, datato 1950, con Michel Simon e Gérard Philipe (interprete, tre anni prima, per restare in tema sulfureo, dell’adattamento per il grande schermo, a firma Autant-Lara, di Il diavolo in corpo di Raymond Radiguet) e lo sono anche due albi a fumetti (di Demon Hunter e John Doe) mentre il numero 6 di Dylan Dog, uscito nel marzo del 1987, si intitolava, al pari di questa analisi, La bellezza del demonio. In particolare, nella sinossi di questo storico albo che si può legger sul sito della Bonelli, si dice: “Larry Varedo era il miglior killer sul mercato prima di quel lontano giorno del 1945, cinico e freddo come un orologio. Ma quando gli chiesero di uccidere Mala Behemoth, il suo ghiaccio si sciolse. Era così bella, così irraggiungibile, quasi fosse un fantasma o… un demone!“. La bellezza, quindi, è pericolosa. Ecco cosa pare volerci dire, nel suo ultimo lavoro, Nicolas Winding Refn.