Ammettiamolo: ci sono registi che, per quanti sforzi facciano, non riescono proprio ad imbroccarne uno di film. O quasi. A volte, qualche buontempone, visto che li girano sempre allo stesso modo, annovera alcuni di loro addirittura tra gli autori (leggi: Tony Scott e Michael Bay), come se Stanley Kubrick avesse girato ogni film con lo stesso stile. Però, in alcuni casi, magari per sbaglio, involontariamente, un buon lavoro nel loro curriculum c’è. Eccoli Joel Schumacher Non è neanche il peggiore, ma si porta sulla coscienza l’assassinio del Batman di Tim Burton con l’aggravante della ulteriore profanazione del cadavere (aaaaahhh quel Batman & Robin). Certo a lui vanno imputati parecchi obbrobri (Flawless, Bad Company, 8 mm, Number 23, In linea con l’assassino), ma gli inizi non erano stati male (St. Elmos Fire e Ragazzi perduti). Comunque ne salviamo 2:
1 – Linea mortale Ragazzi che riescono a morire per qualche minuto e visitare rapidamente l’aldilà prima che gli amici li riportino in vita. Chiaramente le cose si complicano e la dimensione ultraterrena ha più a che fare con lo spazio mentale che con quello fisico.
2 – Tigerland Piccolo film di guerra, girato a basso budget che ha, tra le altre cose, il merito di aver scoperto Colin Farrell.
Tony Scott Il fratello di Ridley. Ok si è gettato dal ponte, ma perché averne pietà? Come Adrian Lyne ha segnato l’immaginario degli anni ’80, ma solo perché, diciamocelo, l’immaginario degli anni ’80 era davvero imbarazzante. Top Gun è un cult movie, ma non è un bel film ed il buon Tony non si è mai sganciato da quell’estetica tra il videoclip e lo spot di lusso che mutuava dal suo primo mestiere.
Però: 3 – Miriam si sveglia a mezzanotte E’ l’esordio ed è un gran film. Decadente, dandy, emo prima degli emo, con interpreti iconici (David Bowie che cade sulla terra anche qui, Catherine Deneuve in una delle sue rare intepretazioni fuori dal territorio francese e Susan Sarandon) ed una colonna sonora (dei Bauhaus) indimenticabile.
Adrian Lyne Ok ha girato Flashdance, 9 settimane e ½ e Attrazione fatale, per chi scrive, testimonianza di quanto fossero poveri gli anni ’80 al cinema. Poi son venute altre perle come Prestazione straordinaria e Lolita.
Ma: 4 – Allucinazione perversa E’ preferibile il titolo originale, Jacob’s Ladder, ma comunque si tratta di un film riuscitissimo ed in netto anticipo coi tempi con un finale (come quelli di Shyamalan, Amenàbar o Fincher) che ti fa venir voglia di rivederlo dall’inizio per capire fino in fondo quanto ti abbia fregato il montaggio alternato.
Tom Twyker Qualcuno pensava di aver scoperto un nuovo autore dopo Lola corre, ma già lì si capiva che era un bluff. Poi il crucco ha mandato in vacca Kieslowski (dalla cui sceneggiatura ha tratto Heaven) e Süskind (Profumo – Storia di un assassino). Il film che salviamo è controverso sia perché non è piaciuto a tutti, sia perché è una co-regia coi Wachowski. Al momento è al lavoro su L’ologramma del re tratto da Dave Eggers (paura?):
5 – Cloud Atlas E’ un film monstrum che contiene in sé tutti i film possibili, un Wor-Ton-Movie, per parafrasare Wagner. Non tutti i segmenti sono riusciti, ma i suoi (1936 con Ben Whishaw compositore bisessuale, 1973 con Halle Berry in pieno spy movie molto Sidney Pollack e 2012 con Jim Broadbent in una divertente commedia senile british style) sono forse i migliori.
Louis Leterrier E’ venuto fuori da quella fucina di pippe che è l’EuropaCorp di Luc Besson. E’ riuscito nell’impresa di fare un film peggiore del Thor di Branagh nella neosaga Marvel ovvero quell’Incredibile Hulk che ha dissuaso Edward Norton dal proseguire la sua esperienza nel franchise, ha distrutto un classico dell’infanzia di molti (Scontro fra titani) ed un genere, l’heist movie (Now You See Me), che di solito funziona chiunque sia il carneade dietro la m.d.p. Una volta, tuttavia:
6 – Danny the Dog A leggere il cast (Jet Li, Bob Hoskins e Morgan Freeman) potresti pensare tutto il male possibile ed invece a Leterrier riesce il miracolo di rivitalizzare il gangster movie british che Guy Ritchie ed epigoni avevano un po’ maltrattato.
Michael Bay Di Michael Bay non salviamo nulla di quanto abbia fatto da regista. Da produttore è responsabile dei reboot horror più insignificanti della storia, ma ad un certo punto, spunta fuori:
7 – La notte del giudizio Uno dei film distopici migliori degli ultimi anni. Politico come ne faceva solo il Carpenter dei ’70/80, nichilista e senza speranza. Il che per un produttore come Michael Bay, attento a non disturbare (il remake di Nightmare è quanto di più sterile abbia prodotto l’horror degli anni zero), è un caso più unico che raro. Anzi, unico. Deve averci preso gusto a criticare l’America e, da regista, ci ha provato con Pain & Gain. Potresti essere più fortunato, ma nel dubbio non ritentare, Michael.
Paul W.S. Anderson Anche la serie B necessiterebbe di un minimo di originalità che non è proprio la cifra stilistica di Anderson. La sua estetica da videogame affossa anche I tre moschettieri ed il recente Pompei (che se la batte con Apocalypse Pompei della Asylum), ma:
8 – Resident Evil E chi l’avrebbe detto? Un film che doveva fare George Romero e finisce in mano a chi ha già rotto le scatole con Mortal Kombat non lascia presagire il meglio. Ed invece è proprio il meglio che Paul W.S. Anderson sia stato capace di fare. Finora.
John Flynn Steven Seagal, Stallone, Jan-Michel Vincent nel suo carnet di interpreti. Insomma una degnissima rappresentanza del cinema ignorante eighties, ma nel 1977:
9 – Rolling Thunder Una delle fonti di ispirazione di Kill Bill per ammissione dello stesso Tarantino. Un revenge movie di quelli tosti e con due interpreti, ça va sans dire, tosti come William Devane e Tommy Lee Jones.
Alexandre Rockwell Poteva mancare una pippa indie? Una di quelle che spesso, complice il Sundance, ci tocca sorbirci anche in Italia, come se non bastassero le pippe da cestone dell’autogrill? Alexandre Rockwell, che ora ha appena finito un film prodotto con raccolta fondi tramite kickstarter, è un equivoco e ne ha davvero azzeccata una:
10 – In the soup Il bianco e nero è perché così sembri un regista intellettuale, come Woody Allen, ma tralasciando questo vezzo, il film è davvero divertente. Merito di una storia ben scritta, forse perché autobiografica, e, soprattutto, benissimo interpretata da Steve Buscemi e Seymour Cassel, indimenticabile volto di Cassavetes.
Ehm, tra i film da salvare di Joel Schumacher ne manca uno mica da niente… Insomma “Un giorno di ordinaria follia” è difficile da definire un “obbrobrio”, no?
Ne abbiamo scelto uno per regista. Volendo, anche Linea mortale ha il suo perché, ma Tigerland ci sembra quello più autoriale, superiore a quello indicato da lei che, comunque, a chi scrive non piacque così tanto.