La pratica del remake è sempre vista con sospetto. Dai cinefili, ma anche dai semplici spettatori di superficie (per dirla con Lino Miccichè). Certo, di fronte ad inspiegabili operazioni quali il reboot di Nightmare o, ancor di più, il rifacimento (quasi) all black di Funeral Party di Frank Oz (ad opera di un irriconoscibile Neil Labute), è dura confutare questa stigmatizzazione, ma, a volte, il remake è un modo per superare barriere linguistiche e/o di costume. Oppure un’occasione per rifare meglio un film non eccelso per regioni estrinseche (scarso budget, attori non all’altezza, origine televisiva).