La prima giornata della 17ma edizione del Napoli Film Festival si presenta come una breve rassegna sul tempo e le sue dinamiche. Sulla sua spaccatura interna e il modo in cui cerchiamo disperatamente di riempirla o nasconderla, seguendo l’età e le occasioni, per poi arrenderci alla sua definitiva presenza.
Sui rapporti che si vestono del linguaggio del tempo, che nascono da un segno e si annullano nella proiezione identitaria.
Il pomeriggio si apre con i corti di SchermoNapoliCorti e qui il tempo mostra la sua immagine più vorace, con piccole crepe riempite di passione, amore, attesa, speranza.
“Quello che non ho è un orologio per correre avanti e tenervi più distanti”, chiosa De Andrè nel corto L’amore è un segno di Rosario Gallone, prodotto dalla Scuola di Cinema Pigrecoemme di Napoli. Ma la distanza che il linguaggio canonico non può colmare, è qui riempita dal sentimento, da un segno che poggia sull’accettazione del proprio Io, prima di quello altrui.
Un Io che in Il Ballo di Marte di S. Martusciello realizzato con la Scuola di Cinema Ascii, fuoriesce da sé per perdersi nell’Altro, nel suo corpo e nelle tentazioni che esso ci presenta, scegliendo poi di tornare o vagare nello spazio che qualcuno ha per noi delimitato . Nel corto animato Mr J di L. Poce, A. Moriello, A. Accennato della Controlzeta Lab, con le musiche di Luigi “Luben” Benzoino, l’Altro è la Natura, i cui limiti superano di gran lunga i parametri corporali per dirigere il nostro sguardo verso un orizzonte che pare illimitato, come le scelte e come la speranza.
Ed è la speranza la protagonista indiscussa degli altri due Corti della Rassegna, sebbene in forme diametralmente opposte. La speranza colta nella sua purezza e coniugata al futuro in Ricordami per sempre di Massimiliano Pacifico e la speranza rivolta al passato, che si trasforma necessariamente in annientamento dei presente e morte come in La Macchina Americana. Ma per il regista Alessandro Spada la morte è qui una riconciliazione con il passato, e quindi un tempo che si avviluppa nietzscheanamente su se stesso, per l’eternità.
Nella seconda parte della giornata, Il tempo riempito lascia spazio a quello svelato attraverso l’Incontro con Mario Martone, intervistato da Enzo D’Errico, direttore del Corriere del Mezzogiorno, e la proiezione di Morte di un matematico napoletano, L’amore molesto e Pastorale Cilentana , il corto realizzato per il Padiglione zero dell’Expo. Come rivela il regista, infatti, la disillusione si dipana lentamente in tutti i suoi film, seguendo un sistema binario che ricollega il cinema al cinema stesso, in Il Giovane favoloso si riflette Noi credevamo ed in Morte di un matematico napoletano Mani sulla città di Francesco Rosi, o alla letteratura, come accade per L’odore del sangue (da Goffredo Parise) e per L’amore molesto (da Elena Ferrante).
Una disillusione che nasconde tutti i tentativi di riempire quella spaccatura interna, quella ruga che cerchiamo di assottigliare, rivelandone la reale natura: il tempo.
Martone, infatti, nasce come regista teatrale e la rappresentazione delle Operette Morali di Leopardi, nonché la naturale vena leopardiana della sua cifra artistica , lo hanno condotto alla sua pellicola più nota, Il Giovane favoloso.
Ma è in L’Amore molesto, proiettato a fine serata, che la verità sussurrata dalla disillusione esce fuori in tutta la sua crudeltà, in un percorso esistenziale che parte da una proiezione di sé e da una perdita, per terminare in una riappropriazione di ciò che solo quella perdita può restituirci.
E noi, al termine di questo percorso identitario, come nel corto di Alessandro Spada, azzeriamo il tempo e ci prepariamo a una seconda giornata di proiezioni. Ingenuamente.