Il campione di Leonardo D’Agostini – La recensione del film

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Si pensa superficialmente che chiunque abbia successo sia felice. La disamina di tutti i personaggi dello spettacolo che non sono riusciti a reggere il peso che comporta l’essere famosi sarebbe troppo lunga e noiosa; eppure, volendo fare un discorso semplicistico, che cosa potrebbe andare storto per chi possiede soldi, una casa, una posizione di rilievo, un giornale sempre pronto a pubblicare foto, e persone – i fan – che lo amano incondizionatamente?

L’altro lato della medaglia è la solitudine, spesso celata da arroganza e da una finta sicurezza in se stessi. Il campione, opera prima di Leonardo D’Agostini, prodotta da Matteo Rovere (Il primo re, Veloce come il vento) e Sydney Sibilia (Smetto quando voglio), è una storia di successo e solitudine, ambientata nell’universo dorato del calcio italiano. “Il campione” del film è Christian Ferro, un ragazzo che a soli vent’anni è la prima punta della Roma. Seppur venerato da tutti, Christian è in realtà un ragazzo solitario e riservato, che mostra sfacciataggine e spavalderia ma nasconde sensi di colpa scaturiti a seguito della morte della madre. La sua immaturità e il suo stile di vita fatto di eccessi potrebbero però costargli la carriera. Gli viene imposto allora un ultimatum: se non supera gli esami di maturità non potrà giocare. Ed entra in gioco un improbabile insegnante, interpretato da Stefano Accorsi: tra i due si instaura un legame autentico, come quello tra padre e figlio. Il professore si inventa un metodo di apprendimento diverso, aiutando inoltre Christian a eliminare dalla sua vita tutti i vizi, i falsi amici, e gli sciacalli.

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