Ok, ok, il titolo può sembrare autocelebrativo e sensazionalistico, ma cosa si può dire quando si attira tanto pubblico da non poterlo quasi ospitare in sala? Ieri sera, dalle 18.00 in poi sono state almeno cinquanta le persone che, pur di seguire il finale del festival, sono rimaste in piedi o accovacciate negli angoli della sala di proiezione del Grenoble (una vera e propria sala cinematografica d’altri tempi, per dimensioni ed atmosfera). E’ tornato Oreste Scalzone che, dopo l’improvvisata fatta venerdì per commentare Framm e Parole, il breve documentario su di lui diretto dal videomaker napoletano Raffaele Cascone. Hanno spopolato Massimo Andrei ed il cast del suo Cerasella che hanno intrattenuto il pubblico per quasi un’ora dopo la proiezione del film. e si è dibattuto sul tema sempre e sempre tristemente attuale delle morti sul lavoro con Maurizio Gibertini ed il suo ‘A Flobert.
Il concorso ha presentato, nel corso della kermesse opere di ottimo livello. Il mio cuore rimarrà per qualche giorno e per qualche anno con il piccolo capolavoro A bras le corp (menzione speciale) della bravissima e bellissima Katell Quillévéré, ma ricorderò anche il “malickiano” Homo Homini Lupus di Matteo Rovere con Filippo Timi, lo straniante e commovente Save The World (menzione speciale e premio assegnato dagli studenti della scuola di cinema Pigrecoemme e dei corsi della mediateca S. Sofia) di David Casals-Roma, ed il sagace La course nue di Benoit Forgeard.
Il primo premio è stato assegnato a Meridionali senza filtro di Michele Bia, un corto che mentre sembra voler celebrare il funerale degli stereotipi dell’italianità e della meridionalità ne fa i suoi ingredienti principali. Il premio a cura della CGIL Camera del lavoro metropolitana di Napoli ed assegnato dalla Mediateca S. Sofia al miglior film sul tema del lavoro è andato, invece, a Il lavoro di Lorenzo De Nicola, che non ho potuto vedere per intero, ma che sembrava divertente.
Da parte mia posso solo augurarmi che il festival, così amato dai napoletani, possa crescere grazie a chi potrebbe farlo crescere. La nostra struttura organizzativa è ancora una volta riuscita ad ottenere il meglio che si potesse in termini di affluenza di pubblico e di attenzione mediatica, ma il settore del cortometraggio è ormai mutato rispetto a quando, più di dieci anni fa nacque ‘O Curt, ed ora si rende obbligatorio, a mio giudizio, rinnovare la formula, puntando su qualcosa di diverso da una lunga maratona di piccoli film.
Chiudo questo post poco aziendale e forse troppo personale salutando prima in ordine alfabetico Alessia Apicella e Brunella Bianchi che hanno lavorato con noi all’organizzazione del festival rendendosi indispensabili, poi la simpatica signora del Grenoble di cui ricorderò per sempre le squisite e divertentissime disquisizioni su “Come si organizza un bouffet” e su “Come ci si rapporta al proprio barman” ed infine tutti quegli autori che “…Questi non sono i miei colori” e che “… Questo non è il suono come l’ho mixato io” alcuni, ma solo alcuni, dei quali avevano ragione (capita).
P.S. Grandissimo, ma era “carta conosciuta” Ugo Gregoretti.
P.P.S. Ciao, Kaminakamo! Ciao Andrea!