Per introdurre l’argomento krimi dobbiamo ricorrere ad un vecchio numero della rivista Bianco & Nero (numero 3 del 1997) sull’Eurowestern. Nell’articolo di Christiane Habich, Il western in Germania Occidentale, leggiamo: “Alla fine degli anni’ 50 l’industria cinematografica tedesca era entrata in un profondo stato di crisi a causa dell’avvento della televisione. Le sale lamentavano un forte calo di spettatori, che dal 1959 al 1960 fu di circa il 9,1%. Soltanto l’Ufa, una delle principali case di produzione dell’epoca, nel 1959 ebbe una perdita di 5,4 milioni di marchi. Horst Wendlandt fu il salvatore – almeno per qualche anno – dell’industria cinematografica tedesca. Possedeva un vero fiuto per i temi di successo, e nel 1959 iniziò con Der Frosch mit der Maske (La maschera che uccide) una serie di riduzioni cinematografiche da Edgar Wallace che riportarono gli spettatori al cinema. A quel tempo Wendlandt lavorava ancora come direttore di produzione per la CCC-Film di Artur Brauner. Quando la Rialto Film, fondata all’inizio degli anni ’60 dal danese Preben Philipsen, si trasferì dalla Danimarca a Berlino, Horst Wendlandt assunse la direzione della filiale tedesca e procurò grandi introiti proprio grazie agli adattamenti da Wallace“. In altre parole, per quanto krimi in tedesco sia termine generico (diminutivo) col quale si indica il cinema, la letteratura (abbreviazione di Kriminalfilm o Kriminalroman) e le serie tv poliziesche (quelle celebri come Derrick – che condivide coi film di cui parleremo, protagonista, Horst Tappert, e uno dei registi, Alfred Vohrer – o Tatort ed il suo spinoff Schimanski – Sul luogo del delitto, per giungere alle più commerciali come Squadra speciale Lipsia o Il commissario Rex), è pur vero che nella pubblicistica sul cinema di genere, krimi viene usato esclusivamente per una serie di film prodotti dalla Rialto, gran parte dei quali tratti da romanzi di Edgar Wallace (e del figlio Bryan Edgar). Non parleremo, quindi, di Lang e di Mabuse che del krimi presenterebbe le caratteristiche (ed alcune sue apparizioni apocrife, in fondo, al krimi possono essere ascritte: vedi Scotland Yard contro Mabuse) né di alcuni thriller più recenti che hanno attinto ad altro immaginario (Tatoo di Robert Schwentke, del 2002, il quale deve più a Se7en di David Fincher che ai precedenti tedeschi ed infatti, dopo questo lavoro, al regista si sono aperte le porte di Hollywood), ma ci riferiremo solo a quel particolare periodo storico, quando il genere, da episodico, divenne un vero e proprio filone. Con influenze reciproche con il nostro spaghetti thriller, da Mario Bava e ritorno. Non a caso le due ultime pellicole che sul web ritrovate inserite in krimi list sono due coproduzioni con l’Italia (Cosa avete fatto a Solange? di Massimo Dallamano e Sette orchidee macchiate di rosso di Umberto Lenzi) mentre da Bryan Wallace sono tratti L’etrusco uccide ancora di Armando Crispino e parrebbe (in quanto non accreditato) addirittura Il gatto a nove code.