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LE MILLE E UNA SETA
7 giugno - 5 luglio 2006, sala del Giubileo, Complesso del Vittoriano, Roma.
La personale di Danilo Maestosi al Vittoriano di Roma, accompagnata da Trame, un video di Pigrecoemme

 

Tra fiabesche atmosfere da Mille e una notte, suggestioni rubate alle calde tonalità della sabbia del deserto e ai rossi tramonti orientali, sognanti armonie cromatiche sospese tra africani cieli stellati e magici fruscii di stoffe preziose, da martedì 27 giugno fino al 5 luglio 2006 la Sala Giubileo del Vittoriano ospita la personale di Danilo Maestosi Le mille e una seta: una quarantina di opere tra tecniche miste, oli, tempere, acrilici, pastelli, collage, che raccontano di viaggi tra paesaggi dell'anima, sulle vie della seta, sulle tracce di un filo incantato tra sogni, fantasie, ricordi, percorsi immaginati.
La mostra Le mille e una seta, promossa dal Comune di Roma - Assessorato alle Politiche Culturali -, dalla Provincia di Roma - Assessorato alle Politiche della Cultura, della Comunicazione e dei Sistemi Informativi, e dall'Associazione Stampa Romana, è organizzata e prodotta da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia.
A corredo della mostra verrà proiettato Trame, un'operazione video che, con un linguaggio differente, cerca di indagare le colte e poetiche suggestioni dei quadri dell'artista romano.
La breve opera è a cura di Giulio Arcopinto, Giacomo Fabbrocino e Corrado Morra, ed è realizzato e prodotto dalla scuola di cinema Pigrecoemme.

 

FILARE E SFILARE
E'la seconda volta che il nostro lavoro incontra quello di Danilo Maestosi, scrittore di prosa corposa e, di contro, pittore etereo e poroso, leggero, a dir meglio, di quella leggerezza dell’arte cara a Calvino, sorta di volatile sospensione dal mondano (misteriosamente, fatta insieme di carne e di luce) che forse – come ci ricorda Cocteau – solo l’oppio imita un po’.
Prima delle presenti, flebili, tracce di Oriente, trame ed orditi di questo esotico campionario di icone e di miti, incantatori come il fruscio a sonagli di stoffe preziose, di questo straordinario portfolio di idee che è Le mille e una seta, dell’arte di Maestosi, ci aveva incantato il disegno fuggitivo dei cicli e delle fasi del suo Lunario, mostra curiosa che, presentata due anni fa a Roma, abbiamo poi deciso di portare a Napoli, negli spazi espositivi di Pigrecoemme, appena lo scorso aprile.

Di quelle opere – raccolta sapiente di note e di rimandi che, come su un diario antico, metteva in relazione pittura, suggestioni poetiche, visioni, – ci aveva colpito la consistenza fragile dei colori e delle forme, tecniche miste di lacche e smalti e vernici a spruzzo e pennellate sottili come arabeschi, che vivevano, ad ogni passo, ora di relazioni scoperte ora di rapporti segreti con altri dipinti, film, canzoni, agganciati, ogni volta, ad un’idea di arte come memoria, spazio della rimembranza e non solo ipotesi del sogno. Era quello un campionario di suggestioni che, in omaggi e in passaggi, si presentava come un piccolo ed affascinante firmamento di citazioni dotte e di amori scoperti in cui anche noi – noi di Pigrecoemme – abbiamo finito per specchiarci.
È intorno a queste cose che abbiamo ipotizzato quella prima collaborazione con Maestosi, collaborazione che ci ha poi portato a produrre un video, Albedo 1,0, che di Lunario – se la luna, così com’è certamente, non è mica solo un satellite, ma una metafora indelebile – è una sorta di mutevole riflesso.

Ora, invece, è la volta della seta. E dei suoi mille rivoli di filo. La seta che, come la luna, vive anch’essa di rifrazioni cangianti e – se vuoi – di un qual certo mistero. Oro tessuto. Antico petrolio segnato da lucidi rigagnoli. Percorso, fatto di orme millenarie, una dopo l’altra, come perle di una collana lunghissima che tiene insieme Ponente e Levante. Fil rouge tra passato e futuro, intinto nella gloria e nella piaga; le vie della seta, viaggi, fantasie, sogni, in mille e un sogno agognati in mille anni, in mille canti cantati e che pure per niente afoni hanno reso i pur millenari arcani delle notti stellate di Sharazad.


Prezioso tessuto, la seta, misurato dal sangue degli eserciti e dal passo delle marce, che non spegne i morsi della fame e nemmeno la sete, l’arsura delle secche radure d’Oriente, e che nella lingua di Albione – hai presente? un altro mondo d’antan di colonie profumate di spezie e dell’acre fetore del sudore delle vie dei commerci da conquistare, con le armi e le genti, iarda su iarda, – è suono dolce come il latte.
Ma l’idea della seta, nella tessitura di nodi stretti dei dipinti di Maestosi, è punto nell’intrecciarsi ambiguo di un’aporia, nella trama sospesa tra “cronaca” e “leggenda”, poiché più che la verosimiglianza del racconto o la fedeltà asciutta del resoconto, all’artista, della seta sta a cuore, non l’ordito esotico o l’enigma, ma la capacità del tutto lirica e personale di sollecitare il ricordo. Come?
E’ lo stesso artista ad indicarcelo quando ci confessa che è proprio dalle memorie dell’infanzia, quando bambino guardava i campioni di stoffa che il padre, proprio un mercante di seta, maneggiava sugli antichi intarsi della scrivania atavica, che è nata l’idea stessa di questa mostra di cui ogni tavola è il tentativo sofferto e giocondo di fissare giusto quelle reminiscenze.


Le mille e una seta, allora, sono mille e una rimembranza, come se al fondo del colore e in ogni curva dell’ornato, ogni dipinto di Maestosi, in fondo, tra polveri e lacche, diluenti acri e pigmenti granulosi, non serbasse altro che la trama opaca eppure mielata del ricordo. Come le tracce della luce di un giorno che è stato e, di notte, non è più. Segni che la dissolvenza del tramonto non cancella mai del tutto, ma che anzi serba amorevole per l’indomani intonso, e per l’indomani altro ancora…



Cancellare e serbare. Meglio, filare e sfilare, ecco: ed è precisamente questo l’obiettivo che il nostro semplice intervento video, partendo dai colori e dalle fogge delle opere di Maestosi, attraverso la capacità di coesistenza, drammatica ed estetica, di cui è capace la dissolvenza – la regina dei raccordi del découpage – si era prefisso. Con la leggerezza e lo splendore di un semplice filo sottile di seta e, speriamo, con la sua stessa tenacia.

 

Corrado Morra
Giugno 2006

 

 

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