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The Ring (Usa 2002) di Gore Verbinski con Naomi Watts, Martin Henderson, David Dorfman, Brian Cox, Daveigh Chase

L’originale giapponese (Ringu di Hideo Nakata, del 1998) è un piccolo cult dell’horror nipponico di fine secolo scorso (ed ha dato vita a due sequel, uno diretto dallo stesso Nakata e l'altro, Ringu 0, da Norio Tsuruta), inedito in Italia a causa di una distribuzione che fa a gara con le talpe. Ehren Kruger (già sceneggiatore di Arlington Road e Scream 3) riesce nel difficile compito di allontanarsi dal prototipo restandogli fedele. La fedeltà è nell’intreccio di base (da un libro di Koji Suzuki: una giornalista indaga su una leggenda metropolitana che vuole gli spettatori occasionali di una strana videocassetta vittime di incidenti poco casuali), ma è nel contenuto del nastro e nell’esegesi della maledizione che le due storie si discostano. Lì una donna allo specchio, una bambina gettata in un pozzo, ed un’eruzione ad Oshima; qui una donna allo specchio, una bambina gettata in un pozzo ed un’inspiegabile epidemia mortale che decima un allevamento di cavalli. In pratica, l’East ed il West. Verbinski, di suo, ci mette l’alto grado di professionalità che gli ha consentito, finora, di passare agevolmente da Un topolino sotto sfratto a The Mexican alla coregia di The Time Machine, e la giusta dose di umiltà nel “copiare” alcune inquadrature del modello, riconosciutane l’indubbia efficacia. Il VHS maledetto (una sorta di cortometraggio surrealista, tra Bunuel e Leger) è davvero inquietante e la piccola Samara Morgan dà dei punti a tutti i villain apparsi sul grande schermo negli ultimi anni.

(Rosario Gallone)

 

 

 

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