Il signore
degli anelli: La compagnia dell'anello(Nuova
Zelanda/Usa 2001) di Peter Jackson con Elijah Wood, Ian McKellen, Viggo
Mortensen, Sean Bean, Christopher Lee, Ian Holm, Sean Astin, John Rhys-Davies,
Cate Blanchett, Liv Tyler
Allo stesso tempo
esaltato dalla stampa specializzata statunitense come il non plus ultra
del fantasy cinematografico o dileggiato dai tolkieniani
più fanatici e intransigenti come giocattolo costoso e fracassone,
il mastodonte di Jackson ci pare sostanzialmente un prodotto di
genere ottimamente riuscito sul piano spettacolare, equamente lontano
sia da quella patina autoriale che certa critica gli ha forzatamente incollato
(sono fioccati paragoni arditi con Ejzentejn o Kurosawa)
sia dall'infame etichetta di sottoprodotto commerciale che alcuni, con
frettolosa assimilazione e schifiltosa superiorità, hanno finito
con l'appiccicargli.
Dall'ingente palinsesto tolkienianoJackson recupera, e
bene, la dimensione grandeur, la féerique paganeggiante
e ancestrale delle mitologie anglosassoni, le volute narratologiche ora
sospese ora tambureggianti, l'austerità dell'impianto e la gravitas
tonale (in questo aiutato da attori sempre credibili quand'anche in pose
arditamente plastiche) così come il contrasto, un po' Friedrich
un po' Wordsworth, tra il desiderio di avventura e la sete di conoscenza
dell'uomo di fronte all'immane e numinosa maestà delle forze primordiali.
Perde però, il talentuoso regista di Creature del cielo
e Sospesi nel tempo, il senso preciso di un mondo cartografato
al dettaglio, di una dimensione temporale e spaziale convincente, sofferta,
quasi fisica, e si affanna a trovare le gradazioni espressive e le temperature
emotive della narrazione epica (sublime risultato del dettaglio più
realistico giustapposto al massimo di stilizzazione, di quel passare vertiginoso
dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande). Forse per riprodurre
fedelmente lo spirito di Tolkien sarebbe servito il perfezionismo
certosino, la precisione artigianale di un David Lean, o la dedizione
filologica, il controllo maniacale e assoluto di un John Boorman,
inglesi fin nelle midolla.
A tali vette l'immaginario del regista neozelandese non assurge mai, forse
perché prigioniero di un retaggio iconografico di matrice scopertamente
ed eminentemente cinefila: l'esagerazione teratologica di certe figurazioni
richiama le arditezze di certo cinema fantastico alla Predator
o alla Terminator; la stupefazione per l'artificio spettacolare
ricorda i film di Harryhausen, la progressione descrittiva ha più
a che fare con il gigantismo del Titaniccameroniano
piuttosto che con il pathos contemplativo ed iniziatico di un poema
eroico alla Beowulf. Quanto all'analisi squisitamente filmologica
si deve riconoscere che l'uso disinvolto del ralenti e la messinscena
farraginosa delle sequenze di azione e combattimento (paradossalmente,
se si esclude quella iniziale, il vero punto debole del film) dimostrano
una regia troppo al servizio della diegesi, tanto da fare de Il
signore degli anelli forse il meno autoriale tra i film di Jackson.
Resta però l'ammirazione
e il compiacimento per l'alto professionismo impiegato, per la visionarietà
opulenta di certe pagine (specialmente l'interazione degli attori con
gli stupefacenti scenari naturali) e la vitalità grezza, quasi
barbarica, di certi passaggi.
Gli esigenti lettori del libro, a cui il film sembra rispettosamente dedicato
(reverenza cultuale ovvero strategia del consenso alla Harry Potter?)
arricchiranno con la loro fantasia personale il dispiegarsi un po' stitico
del racconto e, forti della loro precedente esperienza letteraria, rifiniranno
i personaggi della vicenda disegnati per forza di cose sulla pellicola
a grandi pennellate; i neofiti della Terra di Mezzo meglio noteranno
invece la facile e ripetitiva struttura del racconto e i raccordi un po'
macchinosi della fabula.
Ma l'agilità ritmica dell'opera, anche se impostata su cadenze
che concedono poco spazio per digressioni meditative, rimane ammirevole
sia per la presa visceralmente spettacolare sia per la riuscita e necessaria
condensazione di una materia letteraria straripante. Oscar nelle
categorie miglior colonna sonora originale, migliori effetti speciali,
miglior fotografia, miglior trucco.