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Spider-Man
(Usa 2002) di Sam Raimi con Tobey Maguire, Kirnsten
Dunst, Willem Dafoe, James Franco, Cliff Robertson
Nutrivo più di una perplessità
prima di entrare in sala: un trailer non esaltante, le ultime prove
opache sia del regista (Gioco d'amore, The Gift)
che dello sceneggiatore (Panic Room), il sospetto che la
computer graphic potesse compromettere il fascino naif di uno dei
migliori fumetti partoriti dalla fantasia di Stan Lee. Dubbi fugati,
però, fin dagli splendidi titoli di testa. Del resto, c'è
un solo regista in grado di lasciare intatto, nel passaggio da un medium
all'altro, lo spirito e l'iconografia di un comic, e questo è
Sam Raimi (Darkman è lì a dimostrarlo).
La sua regia è rispettosa dell'immagine seventies del supereroe
Marvel (quella cui il sottoscritto è maggiormente legato),
più scanzonata (nonostante tutto) della variante "Venom"
(cupa e psicoanalatica) dei '90 (Peter Parker, intento a disegnare
il proprio costume, ne scarta uno tutto nero, motivando la scelta con
un secco "ci vuole più colore!") e pure gli fx
digitali sono funzionali al recupero di quel gusto pop tipico degli anni
del boom dell'aracneroe. Ad accentuare il lato tragico (nel senso
di tragoidìa) della storia, invece, ci pensa David Koepp
il quale, pur partendo dall'originale (il protagonista, orfano dei
genitori, sconta un primo senso di colpa edipico nel momento in cui perde
lo zio/padre Ben per mano di un ladro che lui, in precedenza, ha
evitato di fermare), apporta delle modifiche non da poco (Green Goblin,
un imprenditore il cui lato oscuro - o potrebbero essere le Erinni?
- prende il sopravvento, ha un figlio di cui non è fiero è
così riversa tutta la sua ammirazione sul giovane Parker
il quale, alla fine, dovrà - di nuovo Edipo! - eliminarlo;
l'erede, Harry, giura, nell'epilogo, di vendicarsi di Spider-Man,
ignorando che dietro la maschera si nasconde il suo miglior amico, "l'unica
famiglia che mi sia rimasta"; Peter rinuncia all'amore
della sua vita, Mary Jane, memore dell'ultimo insegnamento dello
zio: "grandi poteri danno grandi responsabilità")
lasciando intravedere interessanti sviluppi per i due sequel già
in cantiere. In più c'è spazio per sottolineare i lati meno
convenzionali del concept di partenza (l'Uomo Ragno, primo
supereroe proveniente dalla classe operaia - "non sei mica Superman"
dice zia May ad uno stanco nipote -, qui diventa un nerd
alle prese con cambiamenti fisici difficili da gestire; le sue gesta vengono
spesso fraintese da un'opinione pubblica paradossalmente pilotata proprio
da quel J.Jonah Jameson, direttore del Daily Bugle e datore
di lavoro di Peter, salvo, poi, la sua difesa, con lancio di oggetti
contro il villain, ad opera di una New York post 11 settembre
- "chi tocca Spider-Man tocca New York e chi tocca New York tocca
noi"- ). Se avrete la pazienza di aspettare la fine dei titoli
di coda, potrete ascoltare la sigla della serie a cartoni animati.
(Rosario
Gallone)
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Scuola di Cinema Pigrecoemme

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