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Santa Maradona
(Italia 2001) di Marco Ponti con Stefano Accorsi,
Libero De Rienzo, Mandala Tayde, Anita Caprioli
Santa Maradona,
canzone di Manu Chao, celebra un personaggio, appartenente al mito
contemporaneo, capace di ricominciare, dopo momenti difficili, sempre
da protagonista grintoso e combattivo. Da questo spunto parte Marco
Ponti, regista e sceneggiatore del film, per affrontare il tema della
difficoltà, per i giovani, di vivere frustrazioni post lauream
e scelte sentimentali. Bart (Libero De Rienzo) vive "spalmato"
sul letto, con l'unica fatica di fare zapping, giocare a squash
in casa, mangiare, andare in bagno (sempre da seduto per non stancarsi)
e "trascrivere" due articoli settimanali per un giornale. Il
nome ed il temperamento rimandano al cinismo, simpatico, leggero ed irriverente
dei Simpson; cinismo che, anche grazie alla bravura del giovane
attore napoletano, ritma il plot con battute divertenti, soprattutto
nel primo tempo. Andrea (Stefano Accorsi) trascorre le sue
giornate in colloqui di lavoro, sottoposto all'indifferenza ed all'arroganza
di alcuni esaminatori, allo screening psicologico ed a test psicoattitudnali,
che dovrebbero misurare la sua attitudine a "gestire risorse umane".
Il suo profilo (poco aziendale: laurea in Lettere Moderne, nessuna
esperienza lavorativa) si presta ad un'analisi di natura sociologica,
da parte degli esaminatori. Nella sua vita, però, si verifica l'imprevisto
incontro con Dolores (Anita Caprioli), la quale gli farà
vivere emozioni e lo porrà anche di fronte a scelte e responsabilità.
E' l'inaspettato a rendere meno fluido il corso della sua esistenza, a
spiazzarlo (come fece Oman Byick, contro l'Argentina, con
un goal di testa imprendibile, seguito ad un'incredibilmente lunga sospensione
nell'aria). E sarà Bart a ricordargli che, tra loro, non
c'è molta differenza (per quanto Andrea rivendichi i suoi
tentativi di cambiare le cose): uno prova da sconfitto, l'altro non prova
affatto. Gli atteggiamenti diventano, così, scelte che, guidate
spesso da prospettive limitate, riducono il campo delle possibilità.
Peccato che la pellicola rallenti nella seconda parte, maggiormente attenta
al girare a vuoto di Andrea, ma il merito del regista resta, comunque,
quello di aver realizzato un'opera in presa diretta con la vita. Interessante
è il suo giocare a velocizzare le immagini e ad inserire didascalie,
così come il suo passare dal flashback al presente, in un
intreccio in cui si fermano solo alcuni attimi con un dito puntato sul
pause.
(F.Z.)
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