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L'inverno (Italia 2001) di Nina Di Majo con Fabrizio Gifuni, Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino.

Mettiamo subito una cosa in chiaro: questo secondo film della Di Majo rappresenta indubbiamente un'evoluzione rispetto ad Autunno.
Se già l'opera d'esordio testimoniava un superiore talento visivo e registico è anche vero che la sceneggiatura di quel film risultava una deprecabile e pedissequa imitazione, incentrata sulla compiaciuta esibizione di nevrosi e su vezzi intelettualistici decisamente affettati, di Allen e Moretti. Roba che in mano ad una ventenne aveva poco senso.
Che la Di Majo si sia formata a forza di nottate "Fuori Orario" e nell'epoca del culto di Wenders, Kieslowski e del redivivo Antonioni è lapalissiano fin dalle prime inquadrature che, assisitite da una voice over che recita parole da tipico incipit di romanzo, mostrano dolenti soggettive, fluidi camera car e, in trasparenza, un occhio.
L'ennesimo film sullo scontro sguardo-parola? Forse, ma non un film di troppo.
Pur cedendo, ma poco, alle tentazioni che l'AVID propone ad ogni regista giovane o navigato (quei tagli che fanno tanto Godard, ma anche tanto Mtv) la Di Majo tiene il suo sguardo implacabile concentrato su ciò che le interessa, aiutata da tre corpi-attori di grande capacità e presenza e riuscendo ad ottenere il suo scopo: fornire una descrizione minuziosa, da entomologa, di sentimenti e condizioni psicologiche complesse.
Uno sguardo oggettivo, quindi, favorito dalla recitazione straniante degli attori, che relega, con felice scelta registica, i momenti insondabili della vita interiore dei personaggi nelle poche soggettive presenti nel film, generalmente concentrate su vie d'uscita o su porzioni confuse di realtà.
Solo il personaggio di Gifuni appare, nonostante la sua impossibilità di comunicare, ancora legato alle necessità del raziocinio. E non ci sembra arbitrario affermare che la regista abbia scelto proprio il corpo maschile di questo scrittore come simulacro della propria condizione e del proprio punto di vista.
Raffinatissimo l'uso delle musiche (Frame), del sonoro. Splendida la fotografia di Cesare Accetta già collaboratore di Martone, Corsicato e De Lillo.

(Giacomo Fabbrocino)




































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