L’horror a episodi in 10 imperdibili film

horror a episodi

<<La formula a episodi o “omnibus” è antica quanto la nascita stessa del cinema horror e accompagna poi l’intero percorso evolutivo del genere…>>. Così recitava l’occhiello introduttivo ad un Nocturno Dossier (il numero 40, quando ancora veniva pubblicato in un fascicolo separato dalla rivista) curato da Roberto Curti. Aggiungeremmo che è antica quanto lo storytelling. I racconti intorno al fuoco, le leggende diffuse oralmente, hanno quasi sempre a che fare con atmosfere horror. Il racconto breve facilita la presa sull’ascoltatore, lettore, spettatore, può fare a meno di approfondimenti psicologici e concentrarsi sull’azione e puntare tutto, nel caso di racconto horror o “giallo”, sul twist. Un’antologia di racconti garantisce l’effetto Shahrazād inchiodando alla poltrona (di casa o di un cinema) lo Shahrīyār di turno. Giustamente, nel saggio sopra citato si individuano già nell’espressionismo (ovvero il primo cinema horror degno di questo nome) alcuni omnibus horror: Destino di Fritz LangIl gabinetto delle figure di cera di Paul Leni. Dagli inizi del secolo scorso, tuttavia, si passa direttamente al 1945 dell’inglese Dead of Night. Ed è da lì che ha inizio la nostra playlist. Buona lettura.

1 – Incubi notturni di AA.VV.

La Ealing, casa produttrice britannica specializzata in commedie (molte delle quali intrise di humour nero come Sangue blu e La signora Omicidi), nel 1945, su spinta di Michael Balcon, alla guida degli studi dal 1938, produsse questo omnibus che, non solo rappresenta il primo film a episodi di genere horror prodotto in Gran Bretagna, ma presenta una struttura (un episodio cornice anch’esso misterioso) che verrà ripresa praticamente da quasi tutti gli omnibus prodotti dalla Amicus negli anni ’60/’70. A dirigere i singoli episodi, oltre ad Alberto Cavalcanti (un brasiliano con la cittadinanza francese, vicino alle avanguardie e scenografo per L’Inhumaine di Marcel L’Herbier), autore del celebre segmento con Michael Redgrave ventriloquo succube del suo pupazzo, Robert Hamer (montatore di La taverna della Giamaica di Hitchcock e successivamente regista del già citato Sangue Blu), Basil Dearden (poi regista di una serie di film gialli a sfondo sociale come I giovani uccidonoZaffiro nero sul razzismo e Victim sull’omosessualità, ma anche del fantastico Il cranio e il corvo e del protosteampunk Assassination Bureau) e Charles Chricton (di cui tutti ricordano l’ultima regia ovvero il cult Un pesce di nome Wanda).

2 – I racconti del terrore di Roger Corman

Dopo i successi di I vivi e i morti e di Il pozzo e il pendolo, l’AIP di Nicholson/Arkoff naturalmente era decisa a sfruttare la gallina dalle uova d’oro ovvero Edgar Allan Poe. La maggior disponibilità economica fece sì che, oltre a Price, venissero reclutate altre vecchie glorie come Peter Lorre Basil Rathbone, mentre CormanRichard Matheson optarono per un film a episodi, visto che quelli di Poe erano spesso racconti brevi e trasporli in un lungometraggio richiedeva uno sforzo notevole. MorellaIl gatto neroLa verità sul caso di Mr. Valdemar (questi ultimi due saranno anche i racconti scelti da George RomeroDario Argento per un altro horror a episodi, Due occhi diabolici) furono gli scritti brevi scelti e Matheson, poi, innestò in Il gatto nero alcuni spunti di Il barile di Amontillado. Ne venne fuori un trittico in cui emerge il secondo episodio, grottesco più che horror (atmosfera che poi sarà ripresa nel successivo Il clan del terrore), ma, nonostante le premesse, il film fu un insuccesso e la AIP non produsse più horror a episodi su Poe.

3 – Le cinque chiavi del terrore di Freddie Francis

Primo omnibus della Amicus di SubotskyRosenberg, è palesemente ispirato alla struttura di Incubi notturni (ed ai fumetti horror molto letti negli USA da cui i due provenivano), con un episodio cornice (in un treno, omaggiato da Sergio Stivaletti nella sua seconda regia, I tre volti del terrore) il cui twist finale fu poi riutilizzato in altri titoli della casa e che, secondo chi scrive, non può non essere stato considerato dagli sceneggiatori di Lost. Oltre a Peter Cushing Christopher Lee strappati alla concorrente Hammer, fa la sua apparizione un giovanissimo Donald Sutherland nell’episodio Vampire.

4 – Tre passi nel delirio di Federico Fellini, Louis Malle, Roger Vadim

La formula a episodi era molto utilizzata in Italia, soprattutto per le commedie (ne ricordiamo alcune: ThrillingI complessiAmore all’italiana) e per antologie d’autore spesso messe su da Ponti o da De Laurentiis per sfruttare in un solo titolo nomi importanti del nostro cinema. L’operazione Tre passi nel delirio nasceva con l’intento di nobilitare il genere attraverso la trasposizione, ad opera di “autori”, di tre racconti di Poe. Un po’ come I racconti del terrore, ma con maggior ambizione. E sì che dai sette episodi previsti inizialmente (per dirigere i quali si fecero anche i nomi di LoseyOrson WellesVisconti), si finì col farne tre di cui, forse, uno solo diretto da un autore conclamato: Federico Fellini. Gli altri due nomi coinvolti furono il sopravvalutato (non più fortunatamente) Roger Vadim ed un Louis Malle che, al netto di titoli importanti, doveva probabilmente ancora dimostrare la maturità del primo. Sta di fatto che nessuno dei tre adattamenti dall’autore di Boston (da MetzengersteinWilliam WilsonMai scommettere la testa col Diavolo) si può dire memorabile, salvo quello di Fellini, ma, più che altro, per uno scippo del Maestro al meno celebrato Mario Bava dal cui Operazione Paura arriva l’idea della bambina fantasma con la palla.

5 – I tre volti della paura di Mario Bava

Bava dicevamo. Il cui trittico, infatti, è decisamente più riuscito di quello maggiormente ambizioso su Poe. Anche qui c’è una matrice letteraria (forse solo millantata, come si usava) che va da MaupassantCechov passando per Tolstoj (ma non LevAleksej). I tre episodi sono dei veri e propri esercizi di stile e che Bava avesse una marcia in più lo dimostra il finalone con svelamento del set e della macchina cinema.

6 – Trilogia del terrore di Dan Curtis

Il nome Dan Curtis probabilmente non vi dirà niente, ma i titoli dei suoi film sicuramente sì. Curtis ha diretto puntate della soap Dark Shadows (e di due film da essa derivati, La casa dei vampiriLa casa delle ombre maledette), Venti di guerra (sceneggiato kolossal di grande successo negli anni ’80), ma soprattutto vanta nella sua filmografia due titoli horror molto noti a chi ha coltivato la propria passione per il cinema sui canali privati locali: Ballata macabra e questo Trilogia del terrore. Che è composto di tre episodi tratti da racconti di Richard Matheson che, però, ne sceneggia solo uno, quello che è difficile non ricordare: Amelia tratto dal racconto Prey e che è incentrato sulla lotta, ambientata tra le quattro mura di una casa, tra Karen Black ed una statuetta apotropaica posseduta.

7 – Le lacrime di Kali di Andreas Marshall

Con Tears of Kali siamo nel 2004, in Germania, dove forse l’esperienza dell’orrore a episodi è cominciata. L’entusiasmo nocturniano per la pellicola è giustificato relativamente alle storie ed alle idee registiche di Marshall che, evidentemente, non mancano. Tuttavia il budget risicato si fa sentire nella qualità dell’immagine che un po’ infastidisce. Il resto (del guaio) lo fa il doppiaggio italiano.

8 – Three … Extremes di Takashi Miike – Fruit Chan – Chan wook Park

Sebbene si tratti di un sequel (o meglio di un tentativo numero 2), è più riuscito del primo, dove l’orrore orientale veniva rappresentato da Hong Kong, Corea del Sud Thailandia, schierate forse versus il j-horror che all’epoca (siamo nel 2002) imperversava. Three…Extremes arriva due anni dopo Three, il Giappone riprende il suo posto, scalzando la Thailandia, e, soprattutto, schiera tre pezzi da novanta quali Takashi Miike, Park Chan-wookFruit Chan.

9 – Creepshow di George A. Romero

Incorniciato da un episodio divertente che allude all’importanza dei fumetti della EC Comics nella formazione dell’autore Stephen King, la raccolta di brevi, fulminanti storie horror, rappresentò una ventata di aria nuova, negli anni ’80 per quel che concerne gli omnibus del terrore, essendosi esaurita la vena dei prodotti Amicus. Non fece molti proseliti visto che, se si esclude un pregevole L’occhio del gatto, sempre da Stephen King (come Creepshow 2), e il tentativo poco riuscito dell’Ai confini della realtà girato da John LandisJoe DanteSteven SpielbergGeorge Miller, di omnibus horror di quella decade non se ne contano più.

10 – V/H/S di AA.VV.

È nella seconda decade del Terzo millennio che l’omnibus torna in auge, grazie a quest’operazione avviata da un gruppo di registi indie horror in cerca di notorietà (missione compiuta visto che Adam Wingard ha diretto il pilota di Outcast ed il remake Blair WitchTy West ha fatto parlare di sé con The SacramentJoe Swamberg più vicino all’universo mumblecore dei fratelli Duplass, ha creato Easy per Netflix) che ha generato due sequel (in V/H/S 2 sono stati reclutati anche l’Eduardo Sánchez di Blair Witch Project, il Gareth Evans di The Raid e il Jason Eisener di Hobo with a Shotgun mentre V/H/S Viral perde tutti i nomi dei primi due e guadagna Nacho Vigalondo) ed un gran numero di epigoni, da The ABC’s of Death (in realtà precedente, roba di mesi) che tanto nell’originale quanto nel sequel si presenta quasi come un 11/9/2001 dell’horror con una selezione dei migliori registi di genere al mondo (anche Bruno ForzaniHélène Cattet, lo Xavier Gens di Frontière(s), lo Jorge Michel Grau di Somos lo que hay, lo Spasojevic di A Serbian FilmBen Wheatley oltre a WingardTy West e nel secondo finanche l’animatore Bill PlymptonVincenzo Natali e, forse, il padre putativo di tutti i neoregisti horror indie ovvero Larry Fessenden) alle prese con brevissimi segmenti in ordine alfabetico, a Southbound passando per Tales of Halloween Holidays. L’Italia ha risposto in sordina (ma ha risposto ed è già un gran passo avanti rispetto al passato anche prossimo) con Paranormal Stories messo su da Gabriele AlbanesiP.O.E. Poetry of Eerie in cui sono coinvolti nomi quali Domiziamo CristopharoEdo TagliaviniBruno Di Marcello e i fratelli Capasso.

 

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