In Anime Nere, il film di Francesco Munzi vincitore di nove statuette ai David di Donatello 2015, la storia di un territorio, quello calabrese, dilaniato dalle correnti inquinate della ‘ndrangheta e la vicenda di una famiglia ad esso appartenente, si compenetrano fino a diventare un unico corpo. Le radici della famiglia Carbone, nome che rimanda direttamente al colore della sua anima, sono pastorali, figlie di una terra ancora in parte legata alla tradizione; ma i suoi rami hanno assunto col tempo forme e lunghezze diverse. Gli ultimi due figli, Luigi e Rocco, hanno scelto di abbandonare la terra madre per abbracciare una malavita dai contorni internazionali, mentre il primo, Luciano, non ha mai lasciato quel ventre materno, protetto da un passato che non prevede alcun rischio, avendo rinnegato ogni cambiamento. Il figlio di Luciano, figlio unico di un’epoca e di una paese malato, riconosce l’anima nera della terra e di una parte della sua famiglia, e questo riconoscimento, divenuto una scelta, cambierà radicalmente il volto delle cose.
Lì dove tutto inizia, tutto finisce, sembra dirci Munzi; ma anche il contrario, come una moneta avente la stessa faccia da entrambi i lati o una scelta che ci illudiamo di poter fare.
La pellicola è tratta dal romanzo omonimo di Gioacchino Criaco; Francesco Munzi, ospite della serata di ieri al Metropolitan, rivela di aver seguito lo sguardo dello scrittore, uno sguardo interno alla materia. Intimo, tragico e vissuto.
Criaco è stato con lui anche sceneggiatore, e il contributo autoriale si incastra alla perfezione con la feroce essenzialità dei dialoghi, per fare di Anime Nere un film di e con Africo, città natale dello scrittore e fulcro territoriale della pellicola.
“Il dialetto è un personaggio del film e rivendica l’alterità del luogo rispetto al resto d’Italia”, dice Munzi.
“Come un direttore d’orchestra ho creato la mia partitura musicale, facendo degli attori, non tutti professionisti, e della lingua parlata, strumenti diversi in grado di generare un suono armonico”.
L’armonia di Anime Nere poggia proprio su un equilibrio di voci, di toni, su una forza narrativa e visiva che non fa sfoggio di sé, ma si nutre della sua misura e della sua compostezza, come una veste luttuosa che basta a spiegare ogni cosa.