L’Heist Movie all’italiana in 10 film

Sette_uomini_d_oro

L’heist movie (noto anche come caper movie con un’origine da un etimo latino che lascia piuttosto perplessi) è un sottofilone del thriller incentrato sul “colpo grosso”. Ovviamente i titoli più importanti arrivano da oltreoceano: Ocean’s Eleven, Il genio della rapina, La pietra che scotta e più di recente Inside Man. Tuttavia negli anni ’50 il film di maggior successo appartenente al sottofilone fu Rififi di Jules Dassin di cui I soliti ignoti doveva rappresentare la parodia, finendo, data la bravura degli sceneggiatori, col diventare a sua volta un prototipo ricalcato e rifatto. In Italia il “colpo grosso”, grazie all’originale monicelliano, si incrociò spesso con la commedia all’italiana: basti pensare a Operazione San Gennaro di Dino Risi o a Il furto è l’anima del commercio? di Bruno Corbucci entrambi ambientati a Napoli (come Colpo grosso alla napoletana, produzione americana di Ken Annakin che, comunque, si inseriva nella scia del successo di Risi). Ma grazie a Marco Vicario e al suo Sette uomini d’oro, l’heist movie all’italiana trovò anche una sua fisionomia internazionale tanto che se ne può tranquillamente tracciare una playlist perché di titoli non ne mancano. Di recente, Vincenzo Alfieri ha cercato di dare nuova linfa al filone con il suo Gli uomini d’oro (ma tu guarda!), ispirandosi a un fatto di cronaca che già era alla base di Qui non è il Paradiso di Gianluca Maria Tavarelli, ma forse quell’atmosfera scanzonata e ironica di gran parte delle pellicole appartenenti al filone ce l’ha la trilogia di Sidney Sibilia Smetto quando voglio, sebbene declini in maniera diversa il “colpo grosso“. Noi cercheremo di concentrarci sul periodo più prolifico della variante nostrana dell’heist movie: dalla metà degli anni ’60 alla prima metà dei ’70.

7_uomini_d_oro_poster

1 – Sette uomini d’oro di Marco Vicario
Un film oggi dimenticato dal pubblico di massa che pure all’epoca ne decretò il successo al punto da confezionarne un sequel immediato. Il dittico di Marco Vicario (questo e Il grande colpo dei sette uomini d’oro) costituisce ancora oggi un gioiello di freschezza, ritmo e ironia metalinguistica (alla fine del secondo film, Pedro, sollecitato da Giorgia a fare presto, dice “Anche porque es finita la pelicula“) che ha seminato ben oltre il filone cui ha dato sicuramente impulso. Philippe Leroy è la mente e si fa chiamare Professore come in La casa di carta. Il look suo e dell’amante Giorgia rimanda a quello di Patrick McNee e Honor Blackman (prima) e Diana Rigg (poi) nella serie Agente speciale (gli outfit di Rossana Podestà sono quanto di più cool si fosse visto in un film italiano all’epoca), ma sia la loro relazione (fatta di continui tradimenti) che l’aspetto fisico di Giorgia non possono non aver influenzato la dinamica di coppia di Lupin III e Fujiko. Il successo e la riuscita dei due film, tuttora godibilissimi, sono dovuti a una ricetta infallibile: in Sette uomini d’oro la prima ora è dedicata al colpo, senza fronzoli e senza preliminari mentre nel sequel, fin dai primi minuti, si gioca con lo status di culto dell’originale (la donna che vediamo vestita come Giorgia, nell’incipit stavolta è Leroy en travesti) e poi si alza il tiro attraverso il coinvolgimento della banda nel rapimento di un leader sudamericano simil Castro (interpretato da un divertito Enrico Maria Salerno) e l’utilizzo di una serie di gadget à la Bond molto scenografici. Ad arricchire ulteriormente la visione, il lounge di Armando Trovajoli.

Sette_volte_sette

2 – Sette volte sette di Michele Lupo
Se c’è un regista che ha raccolto alla grande l’eredità di Marco Vicario, questo è Michele Lupo che di heist movie ne diresse almeno quattro. Sette volte sette, prodotto dallo stesso Vicario, è forse quello più riuscito. Gastone Moschin, che in Sette uomini d’oro era il tedesco Adolf, qui è il cervello. Il “colpo grosso” deve essere portato a termine durante la finale della Coppa d’Inghilterra e prevede un alibi di ferro per tutti i componenti della banda (tra cui anche un flemmatico Raimondo Vianello): la prigione nella quale sono rinchiusi. Tornano anche Armando Trovajoli e I cantori moderni di Alessandroni per la colonna sonora.

Stanza_17_17

3 – Stanza 17 – 17, palazzo delle tasse, ufficio imposte di Michele Lupo
L’ultimo degli heist movie in forma di commedia diretti da Michele Lupo fa collidere l’atmosfera internazionale donata al filone da Vicario con le coordinate della commedia all’italiana (da I soliti ignoti a Operazione San Gennaro). Il colpo grosso qui viene ordito da un manipolo di disperati nei guai col fisco che tenta di farla sotto al naso al solerte (e indimenticabile) impiegato Ugo La Strizza interpretato da Ugo Tognazzi. Tornano volti noti del filone: Gastone Moschin, Philippe Leroy e Lionel Stander che era in Sette volte sette, mentre dal capolavoro di Monicelli giunge Capannelle.

https://www.youtube.com/watch?v=BH310EuvVgM
un_uomo_da_rispettare

4 – Un uomo da rispettare di Michele Lupo
Nel 1972 il filone aveva esaurito il suo fascino. Prova ne è il fatto che Michele Lupo chiude la sua tetralogia con un film decisamente di altro tono, più cupo e ambientato nella grigia Amburgo. Manca la banda (il protagonista è un lupo solitario e si farà aiutare da un giovanotto, Giuliano Gemma, non del mestiere), mancano i risvolti da commedia (anzi l’epilogo è decisamente drammatico), però c’è la star americana (Kirk Douglas), l’azione frenetica (un inseguimento in auto da far invidia a Friedkin) e il colpo è raccontato con la solita maestria e il consolidato mestiere dal regista che chiuderà il ciclo con questo titolo e per ritrovare la leggerezza di un tempo si dedicherà alle pellicole con Bud Spencer. Musiche di Ennio Morricone.

Gangsters_70

5 – Gangsters ’70 di Mino Guerrini
Scritto da Fernando Di Leo e con la classica star di Hollywood a prendersi la pensione in Italia (Joseph Cotten era un habitué), Gangsters ’70 ha un irrimediabile difetto: dedica poco tempo all’esecuzione del “colpo” che costituisce la ciccia del filone. Mino Guerrini mostra ambizioni più alte e si prodiga in inquadrature bizzarre (riflessi nelle lenti, negli specchi, cambi di fuoco arditi) nonché nel tentativo di conferire spessore alla psicologia dei personaggi (specialmente all’ex campione olimpico tossicodipendente interpretato da Giulio Brogi), ma l’epilogo è abborracciato e pare essere una parodia non voluta della Nouvelle Vague.

https://www.youtube.com/watch?v=sjwQLPwVHtQ
A_qualsiasi_prezzo

6 – A qualsiasi prezzo – Vatican Story di Emilio Miraglia
Un colpo in Vaticano nello stesso anno era al centro di Operazione San Pietro di Lucio Fulci, sequel spin-off di Operazione San Gennaro (ma lo smontaggio parodico del genere, Fulci lo aveva realizzato con Come svaligiammo la Banca d’Italia con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia) . Lì, la star in disarmo reclutata era Edward G. Robinson. In questo A qualsiasi prezzo, scritto da Maurizio Costanzo e Augusto Caminito, invece c’è Walter Pidgeon. Emilio Miraglia non è un autore e riesce quindi a portare a termine il lavoro in modo professionale. C’è la giusta dose di colpi di scena e di tensione durante l’esecuzione del colpo (ma lo spettatore più attento, vedendo Tino Carraro nei panni di un barbone, capisce che non può essere quel che sembra) che è anche decisamente ingegnoso. Luis Bacalov firma le musiche come Luis Enriquez, comprese quelle del brano cantato da Mina: Quando ero piccola.

Supercolpo_da_7_miliardi

7 – Supercolpo da 7 miliardi di Bitto Albertini
Esordio alla regia di Bitto Albertini che poi si sarebbe fatto un nome coi film sui 3 supermen e il dittico Emanuelle nera a metà anni ’70, è realizzato con poche lire quasi tutte impiegate per il cachet di Dana Andrews, la star hollywoodiana reclutata per qualche posa. Il furto del diamante da mille carati dalla cassaforte di una nave da crociera è ben girato così come l’evasione dell’intagliatore. Il resto è all’insegna del farsesco con personaggi sopra le righe (o semplicemente attori incapaci). Protagonista è Brad Harris, star dei peplum giunto dagli USA dove aveva partecipato anche (segno del destino?) a Colpo grosso di Lewis Milestone ovvero l’Ocean’s Eleven originale, quello col Rat Pack. Le musiche sono di Nico Fidenco.

3mqPNpO

8 – 28 minuti per 3 milioni di dollari di Maurizio Pradeaux
Pradeaux va ricordato per un paio di titoli tutt’altro che disprezzabili appartenenti al genere “giallo” (Passi di danza su una lama di rasoio e Passi di morte perduti nel buio), ma non certo per questa unica incursione nell’heist movie che sfrutta Richard Harrison (nello stesso anno anche in Colpo maestro al servizio di sua maestà britannica) e Franca Polesello (poi vista anche in Gangsters ’70) come meglio può. I comprimari sono imbarazzanti, Pradeaux cincischia ricorrendo anche a un intervallo musicale con Iva Zanicchi. Il colpo, però, è girato alla grande, con perizia impensabile (vista la sciatteria dei primi 50 minuti in cui non imbrocca neanche i raccordi di sguardo sugli orologi) e un’audace assenza quasi totale di commento musicale. Epilogo che getta alle ortiche non solo la refurtiva, ma anche quanto di buono mostrato nella mezz’ora precedente. Le musiche sono di Piero Umiliani.

https://www.youtube.com/watch?v=yBCroclC2K4
assalto_al_tesoro_di_stato

9 – Assalto al tesoro di Stato di Peter E. Stanley
Dietro lo pseudonimo Peter E. Stanley si nasconde Piero Pierotti che sceneggia anche col suo vero nome insieme con Gianfranco Clerici, autore di ben altri successi. Il protagonista, Roger Browne, aveva già interpretato Rififi ad Amsterdam di Sergio Grieco, forse l’unico heist movie puro, e un ibrido, sempre per la regia di Grieco: l’heist/supereroico Come rubare la corona d’Inghilterra. Anche Assalto al tesoro di Stato è un ibrido: heist/eurospy. Dozzinale e svogliato anche nel climax del colpo, piuttosto sbrigativo. Franco Ressel, tossico oltre che spacciatore, prende la pillola rossa. Musiche di Angelo Francesco Lavagnino con la collaborazione straordinaria di Armando Trovajoli.

colpo_maestro_al_servizio_di_sua_maestà_britannica

10 – Colpo maestro al servizio di sua maestà britannica di Michele Lupo
Il dato di fatto è che se dietro la mdp c’è Michele Lupo l’heist movie ha un’altra marcia. Colpo maestro al servizio di sua maestà britannica comincia con titoli di testa che ricalcano quelli della trilogia del dollaro seguiti da un incipit spaghetti-western. Abbiamo sbagliato film? No, si tratta di una sequenza metacinematografica che si prende beffe anche del protagonista Richard Harrison (“C’è bisogno di farli venire dall’America questi cani? Protestateli. Pigliate degli Spagnoli che perlomeno si danno meno arie” urla il regista del film nel film) e degli Americani della Hollywood sul Tevere (tra l’altro Harrison ha sempre raccontato di aver rifiutato il ruolo dello straniero senza nome in Per un pugno di dollari perché poco convinto della sceneggiatura e della paga nonché di aver suggerito lui Clint Eastwood per il ruolo). Il colpo è ingegnoso e costruito con un crescendo di tensione, ma è chiuso a un’ora dalla fine della pellicola. Tranquilli, Michele Lupo sa il fatto suo e la pellicola vira verso il giallo e poi nuovamente verso l’heist movie (con un escamotage di cui l’Ocean’s Eleven di Soderbergh potrebbe aver tenuto conto) con ineguagliata maestria nella gestione dei diversi twist. Musiche di Francesco De Masi. Nei titoli di coda la produzione ringrazia le autorità britanniche per aver autorizzato le riprese in luoghi in cui nessuna troupe aveva avuto accesso prima.

Commenta questo post

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.