Il cinema, ormai è risaputo, ha salvato la vita di Quentin Tarantino (e, a dire il vero, anche quella di chi scrive) e Quentin Tarantino spende la sua vita nel tentativo costante di salvare il cinema per poi, attraverso questo, salvare altre vite.
L’atto della creazione, che spesso fa sì che il regista possa essere considerato alla stregua di (un) Dio, in Tarantino è atto di ri-creazione, di resurrezione. Tarantino fa risorgere, fa rivivere: generi cinematografici dati per morti (la blaxploitation, il pulp, il western), personaggi (Vincent Vega muore nella parte centrale di Pulp Fiction e nel capitolo successivo è risorto; la Sposa Uma Thurman in Kill Bill), persone (attori assurti a nuova vita/fama come John Travolta, Pam Grier, Robert Forster, e in C’era una volta a…Hollywood Sharon Tate e, in un cortocircuito involontario, Luke Perry scomparso lo scorso marzo).
La Storia non va come avremmo voluto andasse? Il cinema può cambiarla. Ma a Tarantino non interessa il what if, non ci tiene a raccontare come sarebbe stato il mondo se…, la distopia non gli appartiene. Perché quello dei suoi film è l’unico mondo possibile; è un mondo ideale, certo, un mondo dei sogni: ma chi li fabbrica i sogni se non Hollywood?
C’era una volta a… Hollywood è una favola (il titolo è inequivocabile) con lieto fine di ordinanza, ma è una favola in cui la realtà si insinua tra le pieghe del racconto, nei dettagli.
C’era una volta…a Hollywood è il film di Tarantino più vicino ad Antonioni (del resto, il regista italiano proprio nel periodo storico narrato nel film girava Zabriskie Point nella Death Valley, vicino allo Spahn Movie Ranch occupato dalla Manson Family). Tempi morti (tempi-di-morti), incomunicabilità, più silenzi di quanto sia lecito aspettarsi dal regista di Knoxville, assenza di azione, almeno fino allo showdown conclusivo.
C’era una volta a… Hollywood, ma anche C’era una volta Hollywood perché la Mecca del cinema nel 1969 era in profonda crisi, in attesa che la Nuova (Hollywood) si imponesse con Altman (di cui si richiama Il lungo addio nella scena in cui Brad Pitt prepara la cena a sé e al suo cane), Coppola, Scorsese, De Palma, ma che proprio nel 1969 (dopo Il laureato e Gangster Story) aveva trovato il suo film big bang: Easy Rider di Dennis Hopper. Nelle sale inquadrate vengono programmati film non certo eccelsi come Pendulum di George Schaefer, La signora nel cemento di Gordon Douglas, Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm di Phil Karlson.
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La favola che affianca la realtà (Rick Dalton è vicino di Roman Polanski e Sharon Tate), la favola che si sovrappone alla realtà (Rick Dalton che sostituisce Steve McQueen in La grande fuga), la favola che si mescola con la realtà (Rick Dalton che interpreta in Italia l’inesistente Operazione Dyn-O-Mite! di Antonio Margheriti di cui viene mostrato un estratto che monta abilmente inquadrature originali con Di Caprio a inquadrature di Bersaglio mobile di Sergio Corbucci con Gordon Mitchell; Nebraska Jim che è il titolo inesistente di uno spaghetti western di Sergio Corbucci, ma il vero titolo americano di Ringo del Nebraska codiretto, nel 1966, da Mario Bava e Antonio Román), la favola che guarda la realtà (Margot Robbie/Sharon Tate che guarda la vera Sharon Tate in Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm), la favola che sconfigge la (brutta) realtà. Rick Dalton condannato a ruoli di cattivo nei telefilm, diventa eroe nella realtà. La realtà? Sì, certo. La realtà di Tarantino, ovvero la favola di Hollywood.
C'era una volta a... Hollywood
Il Tarantino che non ti aspetti. Più Antonioni che Antonio Margheriti.