Se cercaste hitchcockiano in un dizionario, ne ricavereste solo la stringata definizione “pertinente a Hitchcock“. In Il cinema secondo Hitchcock (Il Saggiatore, 2008), Truffaut dice a Sir Alfred: “Credo che il suo stile e le necessità del suspense la portino continuamente a giocare con il tempo, qualche volta contraendolo, ma più spesso dilatandolo”, mentre Noël Carroll individua nella dialettica morale/immorale del dilemma dei personaggi, l’origine della suspense hitchcockiana. Inutile dire che valgono entrambe le teorie (Richard Allen, in Hitchcock and Narrative Suspense – Theory and Practice, parla di dialettica tra suspense oggettiva, quella legata al tempo della narrazione manipolato dal demiurgo/regista, e soggettiva, quella legata alla psicologia del personaggio), ma basta questo per definire un film hitchcockiano? Certo che no. Anzi, a volte, si tira in ballo Hitchcock per marketing o per incasellare facilmente un film. La vulgata è quindi che hitchcockiano significhi suspence, mistero, delitti. Ci aggiungeremmo anche un certo sadismo (che, a quanto pare, il regista di Psycho dispensava a piene mani, anche fuori dal set, soprattutto alle sue interpreti), l’attenzione al meccanismo (spesso più che alla trama, pensiamo al MacGuffin) e la sfida tecnica. Il dibattito potrebbe continuare a lungo, ma facciamo parlare le nostre scelte. Dalle quali abbiamo escluso i remake. Sia perché sarebbe stato facile sia perché, fatto salvo il caso di Psycho di Gus Van Sant che è quasi un’opera d’arte concettuale, spesso i rifacimenti non sono per nulla hitchcockiani (si vedano l’orribile Delitto perfetto di Andrew Davis e l’artaudiano La finestra sul cortile diretto per la Tv da Jeff Bleckner ed interpretato da un Christopher Reeve post incidente, quasi un’exploitation paratestuale) Questa è la nostra playlist.
1 – Angoscia di George Cukor
Nonostante Cukor sia sempre stato considerato prevalentemente “regista di commedie”, non sfigura alla regia di un film che è hitchcockiano per più motivi: due interpreti (Ingrid Bergman e Joseph Cotten), l’intreccio a base di “sospetto”, secondo matrimonio “à la Rebecca” e piano subdolo (come in Notorious) ai danni della consorte. Il titolo originale, Gaslight, ha generato il termine Gaslighting che indica una violenza psicologica messa in atto con l’obiettivo di far dubitare la vittima della veridicità delle proprie percezioni.
2 – Il tempo si è fermato di John Farrow
A proposito della manipolazione del tempo. Il direttore della rivista, interpretato da Charles Laughton, è ossessionato da esso ed infatti un enorme orologio in cima al grattacielo, sede della redazione, lo scandisce con grande precisione. Ma quell’orologio ha anche valenza extradiegetica perché, a partire da un certo punto della storia, il film si dipana in tempo reale e l’orologio è l’elemento profilmico che consente allo spettatore di accertarsene (come succede in Stasera ho vinto anch’io di Robert Wise, aperto e chiuso da un’inquadratura su un orologio stradale e poi nel seminale serial 24 con Kiefer Sutherland). In più c’è un innocente incastrato, una coppia diabolica che ordisce il piano ed una suspense oggettiva e soggettiva nello stesso tempo. Rifatto (ma senza il tempo reale ed in altro contesto, la Marina Militare, e con un ulteriore twist finale) da Roger Donaldson col titolo Senza via di scampo e con Kevin Costner e Gene Hackman.
3 – Merletto di mezzanotte di David Miller
Una vittima bionda (Doris Day, al lavoro per Hitchcock in L’uomo che sapeva troppo), una minaccia nascosta nella nebbia ed in una voce stridula al telefono. David Miller è un misconosciuto carneade, un artigiano di Hollywood, neanche tra i più richiesti, quindi si limita alla superficie hitchcockiana senza approfondirne temi e ossessioni, ma il film è gradevole.
https://www.youtube.com/watch?v=Sz03hz_vhWg
4 – Gli occhi degli altri di William Castle
Per quanto William Castle sia più famoso per le trovate con le quali accompagnava l’uscita dei suoi horror (cardiologo all’ingresso, scariche elettriche sulle poltrone del cinema, occhiali per vedere i fantasmi) e per le quali è stato omaggiato da Joe Dante in Matinèe, era anche soprannominato “l’Hitchcock dei poveri” (ed il suo Homicidal seguì, a distanza di un solo anno, Psycho, senza peraltro sfigurare rispetto al prototipo) per un pugno di film decisamente improntati alla costruzione della suspense ed ascrivibili più al genere thriller che all’horror. Cinque corpi senza testa (che ibrida il giallo con l’horror), Passi nella notte, ma soprattutto questo Gli occhi degli altri. Uno spunto geniale (due ragazzine annoiate trascorrono la sera facendo scherzi telefonici a base di “ho visto cosa hai fatto e so chi sei”, fin quando non incappano in un vero assassino che ci crede e le cerca per liberarsi delle scomode, sebbene finte, testimoni) condotto con la mano sicura di sempre. Rifatto per la televisione nel 1988 da quel Fred Walton che non ha trovato spazio in questa playlist, ma che è regista hitchcockiano puro, come ha dimostrato con la sua filmografia esigua di cui vi consigliamo Quando chiama uno sconosciuto e I delitti del rosario.
5 – Il tagliagole di Claude Chabrol
Truffaut lo intervistò, ma Chabrol e Rohmer nell’imprescindibile Hitchock (scritto quando la filmografia di Sir Alfred era giunta all’autoremake L’uomo che sapeva troppo) ne avviarono la agiografia e la beatificazione in quanto auteur (Hitchcock a Hollywood era meno considerato di altri registi), indagandone temi ed ossessioni (tra cui anche una mai, fino ad allora, dichiarata tensione omosessuale in Omicidio!, Nodo alla gola e Delitto per delitto. E non era ancora arrivato lo chef d’oeuvre del travestitismo: Psycho). Chabrol è hitchockiano? Sì, ma la sua enorme personalità autoriale fece sì che sviluppasse questa ispirazione del tutto personalmente. Il tagliagole va nella direzione di Il sospetto e, incredibilmente, di Frenzy (che arriverà due anni dopo con un protagonista che quasi è la nemesi vegetariana – in quanto commerciante di verdure – del macellaio del film francese). Segno che la devozione chabroliana trascendeva quasi nella mimesi interiore.
https://www.youtube.com/watch?v=UFPImaChVHg
6 – La vittima designata di Maurizio Lucidi
Mentre il “giallo all’italiana” inseguiva modelli autoctoni (Argento e Bava su tutti), Maurizio Lucidi arrivava come un alieno (ed alieno al genere tornò subito dopo, dirigendo commedie di altalenante efficacia) dirigendo quasi un calco di Delitto per delitto. Un ibrido tra suspense hitchcockiana e stilemi filmici dello spaghetti-thriller che si ricorda principalmente per l’ambientazione lagunare, le interpretazioni di Tomas Milian (che si doppia da solo) e Pierre Clementi (più sopra le righe del primo, cosa abbastanza inusuale) e per la colonna sonora progressive di Luis Bacalov che, non a caso, confluirà nel celebre LP Concerto grosso per i New Trolls.
7 – Complesso di colpa di Brian De Palma
Nel SegnoSpeciale del numero 194 della rivista SegnoCinema, intitolato Il film perfetto, Roberto Pugliese indica proprio Complesso di colpa di Brian De Palma come film perfetto. È vero che questa playlist avrebbe potuto essere compilata con soli film di Brian De Palma, ma è altrettanto vero che Complesso di colpa rappresenta, forse, la summa dell’hitchock touch del regista, più di Omicidio a luci rosse e più di Vestito per uccidere (per citare altri due titoli fortemente hitchcockiani). Il plot che rimanda a Vertigo (problematizzandolo), riferimento esplicitato nel carrello circolare finale, e la musica di Bernard Herrmann (più volte al lavoro con Sir Alfred) che si fa vero e proprio personaggio, tanto è presente (nel lungo incipit e nel finale), fanno di Complesso di colpa maggiormente una dichiarazione d’amore che un omaggio cinéphile.
8 – Frantic di Roman Polanski
Volendo, anche Il coltello nell’acqua, Repulsion e L’inquilino del terzo piano avrebbero un che di hitchcockiano, ma qui abbiamo una “signora” che “scompare” misteriosamente e il marito che la cerca. Il marito è un uomo comune precipitato in una situazione straordinaria come il Roger Thornhill di Intrigo internazionale (e come lui salverà la compagna d’avventure da un precipizio: lì i monti Rushmore, qui un tetto di Parigi), ha le vertigini come il protagonista di Vertigo e, ciliegina sulla torta, ecco il modellino della statua della libertà (che è a New York e a Parigi e che rimanda, per centralità, a Sabotatori!) a fare da MacGuffin intorno al quale ruota l’intero intreccio di cui, in fondo, ci interessa meno di quanto ci interessino le emozioni provate durante il film.
9 – Le verità nascoste di Robert Zemeckis
Divertissement girato da Robert Zemeckis nella pausa delle riprese di Cast Away (pausa necessaria a Tom Hanks per dimagrire 20 kg), funestato dal maldestro spoiler degli uffici stampa italiani, Le verità nascoste ha in sé un tema hitchcockiano preponderante (la bionda sposata ad un uomo di cui comincia a sospettare) ed altri rimandi più o meno velati (La finestra sul cortile, Rebecca, la prima moglie).
10 –Stoker di Park Chan-wook
L’esordio americano del coreano Park Chan-wook (Old Boy) si basa su un copione scritto dall’attore Wentworth Miller (Prison Break) che, nonostante un titolo “vampiresco”, si rivela una variazione sul tema di L’ombra del dubbio (lo zio si chiama Charlie in entrambi i film) con una maggior libertà, rispetto a Hitchcock, nel mostrare le implicazione sessuali del fascino esercitato da un uomo adulto, e dalla violenza, su una giovane ragazza. Rendendo, altresì, letterale la metafora dell’orgasmo come piccola morte nella scena in cui India si masturba sotto la doccia.