10 film che hanno inspiegabilmente vinto l’Oscar

Dieci film che hanno inspiegabilmente vinto l'oscar

Lo sanno tutti, lo dicono tutti. L’assegnazione del premio Oscar è una faccenda che spesso non ha a che vedere con la qualità del film. Si tratta di marketing, pressione produttiva e, a volte, di politica. Capita che per motivi fortuiti vincano film meritevoli (è risaputo che la atipica vittoria di Il silenzio degli innocenti, opera piuttosto cupa e nichilista rispetto agli standard prediletti dall’Academy, fu dovuta al tentativo di risollevare le sorti della Orion, la casa produttrice in cattive acque finanziarie) oppure che si assegnino statuette per dare un preciso segnale (The Hurt Locker12 anni schiavo). In altre occasioni gli Oscar finiscono a film mediocri senza che se ne capisca la motivazione artistica.

Eccone 10.

1 – La mia via (1945) di Leo McCarey

Diciamoci la verità: nessun film interpretato da Bing Crosby è tra quelli che citi se vuoi darti arie da cinefilo classico. La mia via non sfugge a questa legge, trattandosi praticamente di musicarello al servizio delle corde vocali del protagonista per di più in abito talare. E quell’anno nella cinquina di candidati c’era La fiamma del peccato.

 

2 – Il più grande spettacolo del mondo (1953) di Cecil B. De Mille

Melodramma e circo. Ricetta piuttosto indigesta. De Mille era un signor regista e ne tirò fuori comunque un buon film, ma nella cinquina del ’53 era più debole finanche di IvanhoeMoulin Rouge. E c’erano Mezzogiorno di fuocoUn uomo tranquillo.

 

3 – Il giro del mondo in 80 giorni (1957) di Michael Anderson

Il giro del mondo in 80 giorni? Davvero? L’anno in cui concorreva Il gigante di George Stevens? Di peggio c’è solo Il giro del mondo in 80 giorni con Jackie Chan nel ruolo di Passepartout.

http://youtu.be/ck0vZiUevHw

 

4 – Kramer contro Kramer (1980) di Robert Benton

Le conseguenze del divorzio hanno la meglio sulle conseguenze del Vietnam. Intendiamoci: il film con Dustin HoffmanMeryl Streep non è per nulla brutto, ma stiamo parlando dell’anno in cui in gara c’era una roba intitolata Apocalypse Now. Ci sono gli estremi per considerarla un’operazione di depistaggio dell’Intelligence.

 

5 – Momenti di gloria (1982) di Hugh Hudson

Va bene Vangelis. E sì, quando si deve raccontare una vittoria sportiva, ormai la scelta è tra il rallenty  da Chariots of FireWe Are the Champions dei Queen. Però, di peggio quell’anno ci fu solo Sul lago dorato che pure si beccò un OscarHenry Fonda quasi postumo. Ed in una versione moderna dei Promessi sposiDon Abbondio potrebbe guardare il film alla tv ed esclamare, alla fine dei titoli di testa, “Hugh Hudson! Chi era costui?“.

 

6 – Il paziente inglese (1997) di Anthony Minghella

Piccolo aneddoto occorso all’estensore della lista. In un cinema della provincia di Caserta, il proiezionista, probabilmente esausto, scambiò i rulli e così dopo una prima parte, mandò il secondo tempo e poi di nuovo parte del primo. Era decisamente una versione migliore di quella che ha vinto l’Oscar.

 

7 – Shakespeare in Love (1999) di John Madden

Se fai vincere un Oscar ad un film mediocre come questo, finisce che poi il regista pensa di essere David Lean e dopo insiste. E ti ritrovi con Il mandolino del capitano Corelli. Ma era l’epoca in cui i Weinstein e la Miramax dettavano legge. Per fortuna Madden Joseph Fiennes hanno avuto ciò che avrebbero meritato fin da questa pellicola: oblìo e serie tv discutibili quando non cancellate alla prima stagione.

 

8 – Il gladiatore (2001) di Ridley Scott

Sappiamo di farci molti nemici perché c’è chi ne cita i dialoghi a memoria, ma crediamo sinceramente si tratti di uno dei film più sopravvalutati della storia. E se adesso ci ritroviamo sul grande schermo Exodus è anche perché Ridley Scott, a causa di questo Oscar, pensa di essere il Cecil B. De Mille moderno. I combattimenti sembrano gli spot della Nike e la retorica è davvero imbarazzante.

 

9 – The Departed (2007) di Martin Scorsese

L’uomo che si è visto strappare la statuetta per Taxi Driver da Rocky (che, però, è un gran film) ed è stato a lungo ignorato (Quei bravi ragazziCasinò?) si vede risarcito per un remake decisamente poco ispirato di Infernal Affairs. Poi per The Wolf of Wall Street, suo lavoro migliore da anni, è di nuovo ignorato. Bah! Valli a capire.

 

10 – Il discorso del re (2011) di Tom Hooper

Dopo Il paziente inglese Shakespeare in Love pensavamo che il capitolo “cinecalligrafia britannica”, dove cinecalligrafia non ha un’accezione positiva, fosse esaurito. E invece eccoti spuntare la paraboletta edificante sul principe Albert il cui problema, la balbuzie, era senz’altro più risolvibile di quello del fratello diventato re Edoardo VIII, l’amore per Wallis Simpson. Ma non più interessante. E non l’anno in cui concorreva The Social Network.