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Zatôichi (Giappone 2003) di Takeshi Kitano con Beat Takeshi, Tadanobu Asano, Michiyo Oguso, Guadalcanal Taka

A Kezich non è piaciuto. Gervasini lo ha considerato un Kitano Doc seppur minore. Sarà, ma a me Zatôichi è parso l’ennesimo capolavoro di quel geniaccio di un Takeshi. Prendere un personaggio celeberrimo in patria (una sorta di Zorro nipponico al quale sono stati dedicati circa 25 film ed una serie televisiva, grazie all’attore/produttore Shintao Katsu) per esordire nel jidaijeki (film in costume), era una scommessa non da poco. Vinta, anzi stravinta perché il registattore non mostra alcun timore reverenziale nei confronti del mito e trasgredisce come al suo solito. Mescola le carte del genere intrecciando dramma (quanta disperazione nei personaggi delle due geishe in cerca di vendetta o in quelli del ronin disilluso e della moglie affranta) e commedia (quasi del tutto a carico del buffo Shinkichi), fa irrompere il passato nel presente disorientando lo spettatore, prende in giro il bullet time di Matrix, accompagna la vicenda con numeri musicali tra Stomp e Dancer in the Dark fino al trascinante tip tap conclusivo. Sacrosanto premio alla regia al Festival di Venezia 2003.


(Rosario Gallone)

manifesto originale

 

 

 

 

 

 

 

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