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X
men (Usa 2000) di Bryan Singer
con Hugh Jackman, Patrick Stewart, Ian McKellen, Famke Janssen, Anna Paquin,
Bruce Davison
I supereroi creati da Stan
Lee sono figli di Hiroshima. Peter Parker diventa Uomo
ragno, dopo il morso di un aracnide radioattivo; sempre a causa di
materiale radioattivo, Matt Murdock perde la vista da bambino,
ma acquista molti altri superpoteri, e diventa Devil, e
così, ancora, I Fantastici Quattro, Hulk. Gli X
men no. Gli X men sono mutanti, sono quelli della generazione
successiva, nati con difetti genetici che, grazie alla sapiente guida
del Prof. Xavier, possono essere utilizzati a fin di bene. Ma sempre
di difetti si tratta (Ciclope non può guardare negli occhi
la donna amata; Rogue, addirittura, non può aver nessun
tipo di contatto con chiunque). Un'epopea ricca di umori moderni (e le
potenzialità del fumetto furono sottovalutate dallo stesso creatore;
fu Chris Claremont a farne un successo mondiale, negli anni '70)
ed un regista attratto dai colori cupi e dalle atmosfere noir,
avrebbero dovuto regalarci il cult della stagione. Tutt'altro!
Singer non ha mai raggiunto i vertici de I soliti sospetti
(né prima, con Public Access, sua opera prima, né
dopo, con L'allievo), ma, questa volta, si abbandona al
puro mainstream (se si esclude il primo confronto tra Xavier
e Magneto, dove, con un'evidente infrazione della grammatica filmica,
il director tiene i due rivali, nei rispettivi primi piani, nello
stesso lato dell'inquadratura, quasi a sottolinearne l'identica natura),
facendosi completamente travolgere da effetti speciali e scenografie hi-tech.
Ahinoi! credevamo, a meta anni '90, di aver trovato un autore ed, invece,
forse, era solo un bravo regista.
(R.G.)
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