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Vanilla Sky (Usa 2001) di Cameron Crowe con Tom Cruise, Penélope Cruz, Cameron Diaz, Kurt Russell, Jason Lee

La vita è un sogno. Da buon connazionale di Calderon del Barca, Alejandro Amenàbar aveva già affrontato il tema in Apri gli occhi, che beneficiò di una fugace apparizione sugli schermi italiani e di cui si innamorò Tom Cruise, tanto da acquistarne i diritti. Ci sono voluti quattro anni perché l'ex topgun riuscisse a produrre l'esordio americano del director spagnolo (il ghost movie The Others, presentato a Venezia 2001) e la versione hollywoodiana della sua opera seconda. Il protagonista (Eduardo Noriega nell'originale, lo stesso Cruise nella variante a stelle e strisce), in seguito ad un incidente, subisce un intervento di ricostruzione del viso orribilmente deturpato dalle cicatrici. Stessa sorte (il remake) è toccata al film, ma, in questo caso, il paziente mostra, evidenti, i segni dell'operazione. Colpa, ci verrebbe da dire, del chirurgo. Laddove Amenàbar riusciva a mantenere alta la tensione, nonostante l'intreccio complicato ed inverosimile, Crowe si rivela un disastro nella creazione di suspence (per 90 minuti ci si annoia a morte) e sputtana finanche l'epilogo (sorprendente un lustro fa, oggi piuttosto trito dopo Shyamalan, Fincher, i Wachoski bros. e, di nuovo, il bravo Alejandro), dilungandosi in chiarimenti e tirate moraleggianti che neutralizzano l'ambiguità dello script di partenza. In compenso, però, infarcisce il tutto con un soundtrack assolutamente inadeguato (se non per rammentare agli spettatori che la sua precedente fatica è Almost Famous). La Cruz veste i panni dello stesso personaggio interpretato nel 1997.

(Rosario Gallone)

 

Tom Cruise e Jason Lee

Penélope Cruz abbracciata a Tom Cruise

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