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Un
affare di gusto (Francia 1999) di Bernard
Rapp, con Bernard Giraudeau, Jean-Pierre Lorit, Florence Thomassin, Charles
Berling.
E' una questione di gusto.
Se vi piacciono i film di suspense che vi incollano alla poltrona
e alle sorti del personaggio, che rimescolano le carte ad ogni sequenza
e vi lasciano nella più disperata confusione di senso e di orientamento,
questo film non è per voi. Se vi piacciono i film psicologici che
vi fanno entrare nei confusi e conturbanti recessi della psiche, che tormentano
il vostro tranquillo sonno di piccolo borghesi mostrandovi dietro la tela
le linee deformate del mostro che è in ogni uomo, questo film non
è per voi. Il guaio è che il film è costruito proprio
come un thriller psicologico, però con ritmo e logorrea
tipicamente francesi (Besson non è mai esistito). Ecco il
plot: un miliardario affetto da psicosi evolutiva instaura con
un giovane sfaccendato un intricante gioco di specchi. Il giovane dovrà
assaporare per lui sensazioni ed emozioni fino a che non si innescherà
un pericoloso processo di transfert che porterà entrambi
alla distruzione. Purtroppo l'epilogo è già scoperto fin
dalla prima sequenza e il film ci andrà incontro lento lento, lineare
lineare, senza neanche un colpo di scena o una complicazione (neanche
un raffreddore). Non resta che reinterpretare la ricetta: il film è
la rappresentazione di una dinamica sociale, il potere economico per identificare
la propria supremazia prova a far condividere il proprio sistema di valori
proprio alle sue vittime (Berluscò, facci diventare ricchi!)
fino a che queste non si incazzano e... Con questa salsa il film è
certamente un po' più commestibile. Ma si sa, la cucina è
arte della reinterpretazione.
(G.
A.)
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