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The Terminal (USA 2004) di Steven Spielberg con Tom Hanks, Catherine Zeta-Jones, Stanley Tucci, Chi McBride, Diego Luna, Barry Shabaka Henley, Kumar Pallana

Vagamente ispirato alla storia vera di Alfred Mehran (che da 16 anni vive all'aeroporto Charles De Gaulle di Parigi) dalla quale è stato già tratto Tombés du ciel (Philippe Lioret, Francia 1993 con Jean Rochefort) il film racconta la vicenda di Viktor Navorski, che sbarca al JFK proprio mentre il regime democratico del suo Paese (un'ipotetica repubblica esteuropea, la Karkozhia) crolla sotto un colpo di stato militare. Gli USA non possono identificare quindi il povero Victor come cittadino di una nazione riconosciuta ed il nostro, privo di visto, è costretto a rimanere nell'aeroporto, microcosmo dove dovrà confrontarsi con l'economia, con i sentimenti e con le ferre regole sulla sicurezza dell'America post 11 Settembre.
Il film è perfettamente coerente con certi temi spielberghiani, primo tra tutti il sadismo con cui il grande regista tratta i suoi personaggi: questa volta la punizione inflitta al protagonista consiste nella reclusione in un microcosmo virtuale dal quale è impossibile uscire. Per di più Viktor Navorski è spiato quasi continuamente (il soggetto, ricordiamolo, è di Andrew "Truman Show" Niccol) dalle telecamere della Homeland Security, il che permette al responsabile della sicurezza (Stanley Tucci) di bloccare isuoi tentativi di sopravvivere integrandosi nel (micro)sistema.
Suggestiva, anche se tipica di una certa critica eccessivamente attenta a perticolari di questo tipo, può essere la connessione tra il Tom Hanks homo economicus di The Terminal e quello di Castaway: entrambi intenti a sfruttare l'ambiente ostile per sopravvivere. Per la serie: Defoe non è passato invano su questa terra. O per quella: alcuni grandi registi americani individuano il tema dello scontro tra uomo e sistema come essenziale. O, ancora, per quella: a Hollywood i bravi attori scarseggiano. Fate voi.
Navorski, nuovo, spaurito E.T. (in inglese "alien" significa "straniero") in cerca di un modo per tornare a casa è il perfetto protagonista di un film perfettamente capriano, ovvero di un film che ai meno attenti dice che le cose si risolvono sempre, ma che getta i più analitici in un profondo sconforto: viviamo in un mondo assurdo e Spielberg, autore tutt'altro che pacificato con il reale, vuole farlo notare; e la sua sincerità è deducibile da come il suo stile ed i suoi stilemi si adattino senza sforzo alle situazioni di The Terminal. Si pensi a quando Navorski viene spaventato da un aereo che si manifesta all'improvviso al di là di una vetrata come uno squalo da sotto il pelo dell'acqua o a quando l'inserviente indiano si erge contro la gigantesca figura di un altro aereoplano: la scena può facilmente richiamare alla memoria Jurassic Park dove i piccoli uomini sovrastati dai dinosauri ricordavano l'impotenza umana di fronte alla natura, ma fa anche pensare allo studente cinese che nell'89 sbarrò la strada al tank di piazza Tienanmen, rivelando, così, la natura politica di un film che ad oggi è il più lucido sulla tragedia dell'undici settembre (assieme al mai troppo lodato corto di Sean Penn compreso in 11 Settembre 2001).
A Spielberg e agli spettatori, insomma, ora fanno più paura gli aerei dei dinosauri e degli squali e questa è una terriicante chiave di lettura della nostra realtà.

(Giacomo Fabbrocino)

 

la locandina

Olivia Magnani, nipote di Nannarella

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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