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Session
9 (Usa 2001) di Brad Anderson con
Peter Mullan, David Caruso, Stephen Gevedon
Brad Anderson, al suo
esordio, decide di confrontarsi con Kubrick e Von Trier.
Fiuuu! E il bello è che non solo non ne esce con le ossa rotte,
ma tira fuori un horror genuinamente terrorizzante, malsano e disturbante.
Alla fin fine, i suoi due numi tutelari sono liquidati, abbastanza sbrigativamente,
con dei semplici hommages (nel vecchio manicomio una stanza nasconde
un segreto, ed una presenza è ancora in grado di influenzare gli
occupanti, come nell'Overlook Hotel - sì, d'accordo, è
Stephen King! ma qui si respira aria dello Shining
cinematografico - , mentre l'uso della macchina digitale e le riprese
aeree dell'edificio rimandano a The Kingdom), così
che Session 9 si ritaglia un posto tutto suo nella recente
storia del cinema "de paura". Merito di una calibratissima
sceneggiatura (scritta dal regista e da Stephen Gevedon, Mike
nel film) che distilla, sapientemente, i colpi di scena; di una regia
e di un montaggio (entrambi firmati da Anderson) maturi; di una
"sporca cinquina" di azzecatissimi personaggi, tra cui risaltano
il tormentato capomastro Gordon (il loachiano Peter Mullan)
e l'ambiguo Phil (l'indimenticato protagonista della prima serie
di NYPD, David Caruso). Purtroppo, complice una scellerata
distribuzione, pochi si renderanno conto che non occorrono costosissimi
effetti speciali, per spaventare, ma solo idee. Ve ne basti una: la fuga,
del nictofobico Jeff, dal buio che, a causa di un guasto al generatore,
materialmente lo insegue.
(R.G.)
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