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Seabiscuit (Usa 2003) di
Gary Ross con Tobey Maguire, Jeff Bridges, Chris Cooper
Tratto del bestseller di Laura Hillenbrand,
Seabiscuit - Un mito senza tempo, a sua volta basato sulla
storia vera del cavallo Seabiscuit che aveva anche ispirato il
film del 1949 The Story of Seabiscuit, Pride of Kentucky
(regia di David Butler, con Shirley Temple), questo secondo
lungometraggio di Gary Ross (Pleasantville 1998)
è un film dalla trama semplice: un imprenditore distrutto dalla
morte del figlio, un fantino-pugile eterno perdente ed un misterioso e
non meglio identificato uomo delle montagne-maniscalco-superesperto di
cavalli, più una donna molto sorridente che si deve dedurre sia
ricca ed innamorata dell'imprenditore, si incontrano e riescono a fare
del piccolo (al garrese ) e malconcio Seabiscuit un campione senza
rivali. Tutto ciò accade negli anni '30, ovvero dopo il crollo
economico del '29 e dovrebbe essere una metafora sulla capacità
e sulla volontà degli umili come strumento per rimettere in sesto
il destino di una nazione (Biscottino vincerà anche contro
il poderoso War Admiral, di proprietà del solito miliardario
con la faccia da porco). I termini di paragone, insomma, dovrebbero essere
Furore (John Ford 1940) e buona parte del corpus
capriano, ma Gary Ross, nonostante un padre vittima del
maccartismo, non riesce a staccarsi dall'appiccicosa melassa populista
che spalma su 2 ore e 20 di film. L'America, oggi come negli anni '30,
ha bisogno del cinema per dimenticare e rimuovere i suoi problemi e il
tipo di cinema che Seabiscuit rappresenta è adattissimo
allo scopo. Non a caso il film è stato molto meglio accolto oltreoceano
che nella vecchia Europa, dove allo spettatore medio poco importa
della facile ed ottimistica morale che questa pellicola cerca di trasmettere
senza mai porsi in maniera critica nei confronti dell'argomento della
narrazione o dei personaggi, i quali rimangono chiusi nei loro bei primi
piani accompagnati dalle musiche melliflue e fastidiose di Randy Newman
(anche se, ed il contrasto è veramente ridicolo, quando "biscottino"
comincia le sue rimonte a suonare è Everloving di Moby:
un'esplosione elettronica che niente ha a che vedere con il resto dello
score. Gary Ross, per farla breve, ha realizzato un film senza
sbocchi, che, come il precedente Pleasantville, parte annunciandosi
come testo di stampo progressita, ma finisce eleggendo come cifra stilistica
la retorica più scontata, ovvero il più reazionario dei
mezzi comunicativi.
P.S. Se durante la visione vi sembra, ogni tanto, che il film vi piaccia,
è perché l'imprenditore interpretato da Bridges vi
ricorda Tucker! Non lasciatevi ingannare.
(Giacomo Fabbrocino)
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