Reinas

Spagna, Madrid, primo matrimonio gay e di gruppo della storia del paese. Cinque madri (e tre padri) e cinque figli coivolti in questo evento epocale.

Magda, Ofelia, Helena, Nuria e Reyes sono le regine del film, una commedia dalla parabola divertente e affatto scontata che si confronta con i fasti e le ipocrisie della più moderna ed emancipata società d'Europa, quella spagnola, appunto. Lo fanno senza ironizzare sui suoi idoli più universalmente riconosciuti come Almodòvar o la stessa Carmen Maura protagonista, tra le altre, della pellicola. Il film scandisce, attraverso una serie di flash-back e flash-forward le ore che precedono la celebrazione del rito e intreccia in maniera spumeggiante numerosi fili in una regia sapientemente condotta. Tutti i personaggi sono presentati con occhio benevolo, da un lato, e spietato, dall'altro, lasciando lo spettatore spiazzato di fronte al paradosso che regna sovrano. Magda, possiede il lussuoso albergo per gay che ospita i promessi sposi e le loro famiglie. Il suo è, molto prima della scoperta dell'omosessualità del figlio, un business di tutto rispetto per il quale si prodiga dimentica di sè, e naturalmente del figlio stesso. Parla in videoconferenza con il marito impegnato a sfruttare altrove i vantaggi della kermesse. Attaccata al più insignificante centesimo arriva a licenziare i cuochi dell'albergo decisi ad approfittare dell'occasione, con tanto di manifestazione di protesta, per pretendere invano un aumento di 50 euro. Chi cucinerà il pranzo matrimoniale? Ecco cinque donne emancipate del ventunesimo secolo (nevrosi annesse e connesse) vestire il grembiule da cucina e risolvere secondo la più classica delle tradizioni il problema che da sempre segna il destino di tutte le madri: nutrire i propri figli. Questo semplice filo conduttore, nella linea della più classica delle tradizioni,consente al regista, Gómez Pereira,di giocare con efficacia e leggerezza svariate tinte e sfumature che fanno la forza di questa riuscitissima commedia sociale e di costume.

(Marina De Rogatis)