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Il re è
vivo - Dogma #4 (Danimarca/Svezia/Usa
2001) di Kristian Levring con Miles Anderson, Romane Bohringer, David
Bradley, David Calder, Bruce Davison, Brion James, Peter Khubeke,Vusi
Kunene, Jennifer Jason Leigh, Janet McTeer, Chris Walker, Lia Williams
Ad
ogni nuova sortita i film del Dogma si mostrano meno rispettosi
dello stringente voto di castità sotto l'egida del quale, dal 1995,
i discepoli di Von Trier (ai quali si è di recente unito
anche il napoletano Piscicelli con l'italian dogma #2
- Quartetto ) starebbero cercando di cambiare il
cinema. Nel quarto "fioretto" della serie, e ne siamo lieti,
abbondano le inquadrature a cavalletto, i filtri ottici (e che ti lasci
sfuggire le suggestioni del deserto? vabbé che sei Danese...) e
smaccati esempi di sonoro asincrono (la voce over del narratore
in traduzione simultanea). Ebbene? facciamo i pignoli? Niente affatto,
perché siamo perefettamente consapevoli che la faccenda del Dogma
va presa per quello che è: un'intelligente provocazione che, se
lasciato da parte il divertissement critico dello schema di regole
tese ad inquadrare stilisticamente una nuova avanguardia anziché
esserne desunte, ha, comunque, dato più di un'occasione per riflettere
sui necessari cambiamenti cui il linguaggio cinematografico, nell'era
della dvcamera stylo, deve andare incontro.
Del resto come non leggere la vicenda degli idioti di Dogme
#2 come l'autoreferenziale descrizione del pianificato fallimento
di un gruppo di individui che si impone regole comportamentali non rispettabili?
La storia di Il re è vivo è semplice: un
gruppo di persone, a causa di un errore del conducente dell'autobus sul
quale viaggiano, si ritrova disperso in un non ben identificato deserto
similsarahiano. Qui, forse nel tentativo di resistere all'abbrutimento,
i malcapitati cominciano a provare il Re Lear di Shakespeare.
Del modello shakespeariano il film di Levring riprende
la wilderness come luogo in cui misurarsi con la sofferenza umana
ed "I motivi comuni che la leggenda di Lear ha con quella di Cenerentola"
(M. Praz). Cordelia, il cui ruolo è affidato alla
puttana/santa Gina (Leigh) è una delle tante incarnazioni
del tipo di fanciulla virtuosa e perseguitata che nel cinema e nella letteratura
europei ha sempre trovato grande spazio.
Per il resto la pellicola si dipana, nel suo coté postmoderno,
tra analisi, in realtà trite, dei rapporti uomo-donna e divagazioni
sul tema dell'autocoscienza e della rappresentazione del sé. Tutto
è però bilanciato da un raro gusto visivo e dalle coinvolgenti
performance degli attori. Per ora, a nostro giudizio, il secondo
miglior film del Dogma, dopo Mifune.
(G.F.)
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