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Panic
(Usa 2000) di Henry Bromell con William H. Macy,
Neve Campbell, Donald Sutherland, John Ritter
Pubblicizzato
come una black comedy, per di più proveniente dal Sundance
(benemerito festival all'origine, suo malgrado, di uno "stile
indipendente" diventato maniera), con Neve Campbell in un
ruolo dark (ancora?) e William H. Macy in quello di un assassino
su commissione in analisi (dopo i mafiosi...), Panic può
sicuramente detenere il record dei motivi per i quali pre-giudicare un
film senza neanche vederlo. Spesso capita che il pre-giudizio venga confermato,
ma ci sono le eccezioni. Panic è una di queste. Meglio
precisare che trattasi, non di commedia, ma di autentico dramma. O meglio,
di un microdramma edipico (di un uomo, sicario per conto di un padre autoritario
ed amorale, che cerca di sciogliere alcuni nodi cruciali della sua esistenza,
andando in terapia) che rimanda ad un macrodramma (di una generazione
che sente il bisogno di liberarsi dell'eredità di un'America
corrotta e poi arrogante e poi edonista e poi guerra[del Gol]fondaia,
allo scopo di proteggere - anche se lasciandoli orfani - i propri figli).
L'esordiente Bromell opta, molto opportunamente, per un ritmo lento
(ideale anche per un killer: lo insegna il padre al giovane Alex,
nuovo del mestiere), per un'alternanza, quasi banale, tra campi lunghi
e primi piani di notevole intensità, ma, soprattutto azzecca il
protagonista: l'ex dottor Morgensten, di E.R., ha
quella faccia da ragazzo invecchiato precocemente ("non sono di
mezz'età" puntualizza in continuazione a Sara -la
donna conosciuta nella sala d'aspetto del terapista e con cui intreccia
una disperata relazione - la quale gli fa notare gli anni che li separano),
perfetta per un personaggio che sembra portare su di sè tutto il
peso di una vita che non avrebbe voluto.
(R.G.)
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