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L'ora di
religione (Italia 2002) di Marco
bellocchio, con Sergio Castellitto, Jacqueline Lustig, Chiara Conti, Piera
Degli Esposti, Alberto Mondini, Toni Bertorelli
Il pittore Ernesto Picciafuoco,
convinto ateo, scopre che da anni la sua famiglia ha avviato un processo
per la beatificazione di sua madre, uccisa dal di lui fratello, afflitto
da turbe mentali.
La sua coerenza morale lo porterà, a scapito dei vantaggi sociali
che una madre santa potrebbe portare a lui, a sua moglie e, soprattutto,
a suo figlio, a non partecipare all'udienza papale nella quale la sua
testimonianza potrebbe dare il contributo definitivo.
Bellocchio, in un film profondamente etico, sfoga tutta la sua
rabbia contro questi tempi di trasformismo, tempi in cui se non sei protetto
dalla massoneria, dalla mafia, dalla politica, dalla televisione o dalla
Chiesa non sei nessuno, e si pone, nei confronti della religione, dal
punto di vista più laico e razionale.
Secondo Freud la religione è l'archetipo dell'idea delirante
e l'ultimo film del regista de I pugni in tasca ha tutto
l'aspetto di un delirio in cui può capitare di essere sfidati a
duello da un certo conte Bulla (all'alba e con tanto di padrini e scelta
dell'arma) o di innamorarsi -"il gesto più ateo che io possa
compiere", di una donna angelica apparsa non si sa da dove.
La percezione che Ernesto ha della realtà che lo circonda è
alterata e confusa, mentre il suo mondo interno è saldamente sotto
il suo controllo: onestà morale ed intellettuale sono le sue armi,
le sue ancore di salvezza. Così, l'unico personaggio fornito di
un qualche codice d'onore (persino il tracotante conte Bulla -e Tony
Bertorelli andrebbe usato molto di più dal nostro cinema- al
momento della verità, spade in mano, si ritira vigliaccamente)
appare ai più come un pazzo fuori di senno e la regia di Bellocchio,
che squassa il registro realistico (con tanto di presa diretta) con
fulminanti flash onirici, quasi surrealisti, rende il massimo onore alle
intenzioni alla base dell'opera.
Ai più attenti non sfuggiranno i riferimenti, marginali, ma necessari,
alla brutta fine occorsa agli idealisti dei movimenti giovanili defli
anni '60 e '70.
(Giacomo
Fabbrocino)
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