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Mystic River (Usa, 2003)
di Clint Eastwood, con Sean Penn, Tim Robbins, Kevin Bacon
Il quartiere irlandese di Boston non è pecisamente
il paradiso, ma nessuno al mondo avrebbe saputo convincere Jimmy, Dave
e Sean, tre ragazzini che giocano ad hockey per strada che, invece, quello
è giusto la porta per l'inferno. E chi l'avrebbe mai potuto dire
se, addirittura, quel crocicchio spoglio, ai loro occhi, sembrava la Hall
of Fame, quando, ad imperituro ricordo della loro splendida amicizia,
scoperto il cemento ancora fresco di un marciapiede, i tre incidono i
loro nomi come se fossero giovani star al Mann's Cinese Theatre al 6925
di Hollywood Boulevard? Eppure il male è lì. E li sovrasta.
Poco prima, appena scomparsa l'ennessima pallina di hockey nell'antro
oscuro di un tombino, un uomo scende da una grossa macchina e rimproveratoli
violentemente e inspiegabilmente per quei segni lasciati per strada, si
presenta come un poliziotto costringendo uno di loro, Dave, ad entrare
in auto dove è lì ad accoglierlo un suo demoniaco sodale...Sono
passati più di vent'anni, ma il dolore di quello iato nel quale
il piccolo Dave si perde nel bosco è ancora tutto lì. Come
un segno incacellabile indurito nel cemento.
Tratto dall'omonimo romanzo di Dennis Lehane e sceneggiato da Brian
Helgeland, Mystic River, 24esimo film di Clint Eastwood,
è il racconto della impossibilità dell'innocenza. Storia
di una violenza su un bambino e delle tracce indelebili che, una volta
incarnatosi, il male porta per sempre sugli uomini, la pellicola trova
anche un interessante consistenza metacinematografica se è vero
che - racconto sulla colpa, il riscatto e il Giudizio - un bravissimo
Kevin Bacon interpreta qui Sean - uno dei ragazzini dell'antefatto
e, da grande, poliziotto della squadra omicidi grazie al cui intuito si
scioglierà il caso dell'omicidio della figlia del suo amico d'infanzia
Jimmy - ma che sta lì anche a mondare le colpe di un altro Sean,
l'aguzzino pedofilo che l'attore interpretava, ancora magistralmente,
nel '96 nel poco fortunato The Sleepers di Barry Levinson.
Vicenda profondamente cristiana, quella di Mystic River,
che interroga la trinità evangelica nella semplice, triplice, funzione
assegnata ai tre protagonisti, ma che, ancora di più, lavora sulla
spietatezza (ed insensatezza) di ogni ipotesi di contrappasso così
come verrebbe fuori dall'Antico Testamento, il film trova i suoi
picchi negli assolo nel buio del Dave di Tim Robbins ritratto con
la consistenza piena d'ombre di una messinscena shakespeariana, in cui
tutte le lacerazioni dell'animo sono maggiormente accentuate da Eastwood
attraverso un drammatico taglio orizzontale delle luci che scolpiscono
straordinari primi piani. La regia abbandona un certo, fortunatissimo,
tono da nouvelle vague raramente, indugiando però, qui e
lì, in una maniera troppo didascalica, ad una semplificazione simbolica
(per esempio, scoprendo il crocifisso tatuato sulla schiena di Jimmy -
l'intenso Sean Penn - quando la moglie, seppure cosciente che la
vendetta biblica che lui ha bruciato sull'innocente Dave, accusato dell'omicidio
della figlia, era infondata, lo incorona "re" del loro mondo;
o quando, proprio nel momento in cui Jimmy "giustizia" l'amico,
la postura inginocchiata di costui, ormai ostia sacrificale, e gli espliciti
riferimenti alla funzione purificatrice delle acque fiumane afferiscono
troppo chiaramente al battesimo). L'inquadratura finale è una veduta
aerea in cui la macchina da presa sfiora le acque del Mystic, alludendo,
sul piano morale, all'unica soluzione possibile di ogni vicenda umana:
la consapevolezza consolatrice del paganissimo "panta rei".
Premio Oscar a Sean Penn
ed a Tim Robbins per le migliori interpretazioni (attore
protagonista e non protagonista).
(Corrado Morra)
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