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Kill Bill vol.1
(Usa 2003) di Quentin Tarantino con Uma Thurman,
Lucy Liu, David Carradine, Vivica A.Fox, Daryl Hannah
Destrutturazione
totale, dellidea filmica, delle sue microparticelle, dei corpi.
Pulp Fiction sembrava dover essere lapoteosi del postmoderno,
eppure nelle sua esasperata frammentarietà ritrova una coerenza
interna, unoriginalità che ne fanno (anche) un film, oltre
che unicona, un segno.
Kill bill no. Kill bill
pure non segue una evoluzione per episodi (palese in una singhiozzante
divisione numerica e nominale in capitoli) lineare, ma niente di così
radicale e significativo come nel film del 94, per quanto riguarda
la superficie, la gestione dei macroblocchi.
perché la particellizzazione è molto più profonda,
è in ogni singolo attimo e fisicamente in ciò che nellattimo
viene rappresentato. Lo straziare e mutilare e decomporre i corpi con
apparente facilità, con affascinante grazia estetizzante, ma anche
teatralità ed eccesso, rispecchia perfettamente loperazione
del regista su una pellicola che rifiuta una forte identità personale
per diventare un mostro cannibale che si ciba di tutto il cinema degli
ultimi 40 anni ed oltre, lo tortura e mescola coi suoi succhi gastrici
e ne rende una versione esaltante. E sarebbe poco utile e riduttivo parlare
di "citazioni", perchè è cinema che si nutre esclusivamente
di se stesso, germina al proprio interno. Perchè Kill Bill
non è (solo) un gioco per cinefili, è l'orgasmo postmoderno,
è il rifiuto totale di una identità propria e paradossalmente
l'imporsi violento sulle identità future.
Blaxploitation, mafia giapponese, western, manga, autocitazioni (o meglio
auotogerminazioni), Kitano e tanto altro vengono proposti visivamente
e musicalmente tutti allo stesso momento, ed il tutto riesce a trovare
una magica grazia.
La destrutturazione va certo oltre il comprimersi
ed il coesistere dei generi, ed allinterno di una singola unità
narrativa di combattimento i registri visivi cambiano radicalmente, da
un già esagitato colore ad un bianco e nero più dettagliato
e chirurgico ad un controluce frontale su fondo blu. oppure non basta
la (ir)realtà per raccontare una storia come deve essere raccontata,
col sufficiente numero di stereotipi a caricarla, ed allora si ricorre
al cartone animato, anche questo vintage e meravigliosamente eccessivo.
Insomma amputazioni di cui è necessario raccogliere
i pezzi sparpagliati, e che formano uno strano ma preciso disegno, quello
di un punto di non ritorno, una vetta che è giusto sia stato Tarantino
a raggiungere e che lascia curiosi sul cinema a venire.
ed immediatamente grande è l'attesa per Zatoichi.
(Giuseppe Marino)
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