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Kate e Leopold
(Usa 2001) di James Mangold con Meg
Ryan, Hugh Jackman, Liev Schreiber, Philip Bosco
Il tempo non si può
vedere. Lo possiamo sentire, ma non vedere. Schizza via veloce, tanto
che non riusciamo ad accorgerci del suo passaggio. Immaginate cosa succederebbe
se potessimo fermarlo come se fosse un treno sul quale stiamo viaggiando.
Scendere e godersi il tempo. Più o meno è questo che, a
circa tre quarti del film, Stuart spiega all'infermiera dell'ospedale
in cui è ricoverato. Mentre Leopold, l'uomo del 1876 che
ha attraversato con lui "il portale" spazio-temporale, invita
Kate a prendersi tempo ed a gustare i sapori. Dietro la convenzionale
facciata di una romantic comedy (arricchita con l'espediente wellsiano
del viaggio nel tempo), James Mangold continua il suo discorso
sulla virtù della lentezza. I personaggi delle pellicole da lui
dirette (quattro e non due come erroneamente pubblicato dalla rivista
Primissima e maldestramente ripreso da alcuni recensori di quotidiani),
per un motivo o per un altro (il ritardo mentale in Dolly's Restaurant,
la sordità in Copland, la sensibilità/follia
e la cattività in Ragazze interrotte, l'appartenenza
ad un secolo diverso in questo Kate e Leopold), hanno, infatti,
una percezione cronologica alterata, il che consente al regista (e sceneggiatore)
di tessere una vera e propria apologia di un'esistenza trascorsa a vivere
piuttosto che a rincorrere il tempo. Che, poi, è, metacinematograficamente,
l'apologia dei ritmi della commedia di una volta (non a caso, il riferimento
a Colazione da Tiffany, evidente dall'inizio - Kate e
Stuart vivono in due appartamenti attigui e si fanno visita salendo
e scendendo la scala esterna di sicurezza -, viene esplicitato grazie
al personaggio del dirimpettaio che tutte le sere ascolta Moon River
fino a mezzanotte). Meg Ryan accentua l'ascendenza keatoniana
(nel senso di Diane) del suo personaggio più riuscito: l'indimenticabile
Sally.
(Rosario
Gallone)
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