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L'imbalsamatore (Italia 2002) di Matteo Garrone con Ernesto Mahieux, Valerio Foglia Manzillo, Elisabetta Rocchetti

Il triangolo è la figura geometrica archetipica del noir. Mai equilatero, spesso isoscele ed a volte, come nel caso dell'opera n° 4 di Garrone, scaleno. Non perché (e sarebbe scontata la battuta) i tre lati-personaggi hanno lunghezze palesemente diverse, ma in quanto, nel crudele gioco in cui sono coinvolti, Peppino, Valeria e Deborah, di volta in volta, passano dal ruolo di vittima a quello di carnefice. Il regista e i due cosceneggiatori, Chiti e Gaudioso, non sono degli sprovveduti e riescono, partendo da un fatto di cronaca (l'omicidio di Domenico Semeraro, detto "il nano di Termini") ed ammantandolo di passione cinefila (Peppino Profeta è un tassidermista, come Norman Bates, e la sequenza finale - con l'auto che s'inabissa - è il più esplicito degli omaggi a Psyco; un cenno cinefilo merita anche la colonna sonora di una sorprendente Banda Osiris: una rielaborazione, in chiave dub, delle atmosfere milesdavisiane di Ascensore per il patibolo), a descrivere tre solitudini. Il fatto che, poi, per fuggire si preferisca all'avventuroso viaggio a Cuba, il confortevole calore di una famiglia che non si vuole, la dice lunga su quanto si possa raccontare, tra le righe di un genere, il dramma di una società che insegue il miraggio della felicità in luoghi (il Villaggio Coppola, la periferia cremonese) che ne sono l'antitesi. Un plauso ai tre interpreti principali, con una riserva per Valerio Foglia Manzillo, forse più vicino al suo personaggio di quanto sia bravo ad interpretarlo.

(Rosario Gallone)

 

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