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Il partigiano
Johnny (Italia 2000) di Guido Chiesa con Stefano Dionisi,
Fabrizio Gifuni, Claudio Amendola, Chiara Muti
Due occhi scrutano attraverso
una fenditura. Controcampo: soggettiva di quegli occhi. Comincia con una
sequenza simile a quella famosa del pluripremiato La vita è
bella (il piccolo Giosuè, nascosto in una garitta,
osserva il padre marciare, come una marionetta, precedendo il "crucco"
che lo ucciderà). Gli occhi sono quelli di Johnny, tenuto
in esilio, dai genitori, in una casolare in collina, per sfuggire alla
rappresaglia nazista (e l'analogia, con il film di Benigni, continua).
Ma, a differenza di Giosuè, Johnny è un adulto
e non si schianterà dal ridere né vincerà un carro
armato.
La chiave di lettura di questo bel lavoro di Guido Chiesa (tratto
dall'omonimo romanzo di Beppe Fenoglio) può essere rintracciata
in una battuta che Johnny (Stefano Dionisi) pronuncia, ad
un certo punto della storia, mentre contempla le proprie mani, devastate
dai calli: "Dottor Jekyll e Mister Hyde".
Il protagonista è combattuto tra il suo essere un universitario,
un uomo colto che conosce l'inglese (il che lo indirizzerebbe, anche tra
i partigiani, a ruoli di comando) ed il suo desiderio di agire, di scendere
in campo, di imbracciare le armi. Non a caso, questo dualismo viene proiettato
all'esterno, nello scontro tra l'uomo di azione Biondo (Alberto
Gimignani) e l'uomo di intelletto Nemega (Giuseppe Cederna).
Stilisticamente, allo stesso modo, si passa dal lirismo di alcune sequenze
(il bagno del protagonista in un fiume; il suo soffermarsi su di un insetto,
poco prima di sparare ad un fascista) al ritmo concitato, fatto di macchina
a mano e frequenti tagli di montaggio, che contraddistingue le battaglie.
Il che fa de Il partigiano Johnny quasi la parabola metacinematografica
di un soldato de La sottile linea rossa che piomba in pieno
Salvate il soldato Ryan.
(R.G.)
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